“L’effetto della tecnologia sulla nostra vita quotidiana è molto forte e sta cambiando il nostro modo di lavorare, ma se guardiamo alla situazione attuale e prestiamo attenzione a come queste tecnologie vengano utilizzate, ci renderemo conto che le trasformazioni apportate non sono poi così estreme come, invece, è stato annunciato.” Ai nostri microfoni Aaron Benanav, sociologo statunitense e docente presso la Syracuse University, fa il punto sulle automating technologies, al centro del suo ultimo saggio “Automazione. Disuguaglianze, occupazione, povertà e la fine del lavoro come lo conosciamo“.
Più che al rischio insito nello sviluppo dei nuovi strumenti tecnologici, la preoccupazione di Benanav riguarda la stagnazione economica che rischia di incrementare ancor di più il divario già esistente lungo l’asse nord-sud del mondo, dal momento che “una crescita così lenta dell’economia non riuscirà a generare nuovi posti di lavoro”. Una situazione drammatica che richiede interventi tempestivi, capaci di intercettare i bisogni delle persone: in tal senso, le ultime frontiere della tecnologia – compresa l’intelligenza artificiale – possono avere la forza di ridisegnare le relazioni tra lavoratori e datori di lavori, ma per fare ciò è necessario iniziare a considerare l’automazione di questi strumenti nell’ottica di un controllo operato dall’uomo.