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“L’amore e la violenza”. I Baustelle live alle OGR

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Baustelle è una parola tedesca che significa “cantiere” o “lavori in corso”. Ogr è un acronimo che sta per Officine Grandi Riparazioni. La location torinese è il luogo più adatto per la band di Montepulciano, fosse solo per una questione semantica. Il giorno dopo il concerto del 22 aprile restano negli occhi: l’atmosfera berlinese, il gioco di luci e i colori che arricchiscono la scena mentre il suono elettronico del gruppo racconta di una continua ricerca e una sperimentazione musicale rara nel panorama italiano.

Oltre al gioco di parole tra cantieri e officine, quello che più colpisce del nuovo corso dei Baustelle è l’utilizzo di un filo rosso per legare due album e due estremi: “L’amore e la violenza”. Il doppio cd omonimo uscito in due anni, spalmato su due volumi, è il concetto che tiene in piedi lo spettacolo. Il dualismo tra Eros e Thanatos, rivisitato in chiave post rock, cantato dalla voce profonda di Francesco Bianconi e addolcito dai virtuosismi di Rachele Bastreghi, riempie la “Sala fucine” di corso Castelfidardo più dei fan presenti al concerto.

A dirla tutta i Baustelle si fanno attendere. La mezz’ora accademica dura un po’ di più, ma l’ovazione che li accoglie quando varcano le quinte è quasi liberatoria. Sparano subito cartucce importanti, i due singoli trainanti dei due album, “Veronica n. 2” e “Amanda Lear“, fanno capo ad una scaletta complessa, che si arricchisce di sonorità elettroniche con echi tipici di Franco Battiato. La sintesi artistica del gruppo è tutta in “Valentina” di Federico Fiumani. Il pezzo suonato a metà concerto è un omaggio al leader dei Diaframma che riassume le doti e il manifesto della band toscana. Perché vive su due tempi, uno da ballata sinfonica e un altro di pura potenza punk; perché coniuga l’italiano delle strofe con l’inglese del ritornello; e perché canta l’amore con un certo masochismo. Come la prima parte del concerto, un insieme di canzoni d’amore atipiche e anomale, che nulla hanno a che vedere col “dolce stil novo” tipico della musica leggera italiana.

Poi si passa alla violenza. Una sensazione mai urlata ma che accompagna di nascosto la parte conclusiva del concerto. Se il sentimento era evidente in alcune delle prime canzoni dei Baustelle, su tutte “La canzone del riformatorio“, che ha chiuso l’esibizione torinese, nel nuovo disco si intreccia con l’eros, come da titolo. Diventano violenti le perdite, i rapporti e l’amore stesso, ma l’atmosfera che si respira quando si spengono i riflettori e il pubblico ringrazia la band è quella della catarsi. Lo spettacolo è finito, ma i lavori sono ancora in corso e i Baustelle continuano a essere una delle eccezioni più riuscite nella musica contemporanea.

MASSIMILIANO MATTIELLO