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L’adolescenza mutilata dal distanziamento sociale

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Saranno abituati, vien da dire. In fondo, gli adolescenti sui social ci vivono. Anche prima del coronavirus era tutto un sentirsi su Whatsapp e un vedersi su Instagram. Ciò di cui i giovani vengono privati, in questo periodo, è proprio quello che prima sembrava secondario. «Mai come ora si comprende il valore del corpo e dell’esserci fisicamente», spiega Maria Caterina Cattaneo, psicoterapeuta dell’età evolutiva a Lecco. «In un’epoca in cui si rischiava di non riuscire a distinguere l’incontro in piazza da quello sul web, ora, quello che ci dicono i nostri pazienti adolescenti è: “Ho nostalgia del contatto, dell’essere tutti in una stanza”».

Secondo la psicologa, gli adolescenti, come tutti, possono essere toccati in due modi dal coronavirus: da un lato ci sono quelli che vengono colpiti direttamente e subiscono un lutto o il ricovero di un genitore o di un nonno, con tutto quello che questo comporta. Dall’altro ci sono i ragazzi che non vivono la violenza del virus in questo modo, ma ne rimangono comunque feriti. «L’adolescente è caratterizzato dal grande bisogno di uscire dal contesto familiare e svincolarsi dall’infanzia per prepararsi all’autonomia della vita adulta», racconta Cattaneo. «Ciò avviene attraverso il rapporto con il gruppo dei pari. Tutto questo, ora, viene a mancare e il prezzo pagato dal punto di vista psicoevolutivo è alto».

Anche la scuola, con i suoi spazi e le sue dinamiche di gruppo, rappresenta una parte fondamentale della crescita. L’area dell’apprendimento è stata in parte colmata grazie allo sforzo di studenti e professori con le lezioni online, tuttavia «manca la ritualità dell’andare a scuola. La campanella, i compagni e l’intervallo. Ritualismi quotidiani odiati e amati ma vitali per la biografia», continua la dottoressa.

Elemento culmine di questa privazione è la maturità che, secondo Cattaneo, rappresenta l’unico grande rituale di passaggio dall’infanzia all’età adulta della società occidentale.

Giuliano, 18enne di Melfi, l’affronterà quest’anno, così come è stata pensata. Niente scritti, solo un orale. Si è parlato di esame semplificato, ma Giuliano non la pensa così: «Tornare a scuola per l’ultima volta dopo tre mesi di assenza, da soli e sotto la pressione degli sguardi dei professori finora filtrati da una webcam, credo non vada considerata una semplificazione».

L’ansia, comunque, ci sarà. Così come la sensazione di dover affrontare una prova che ha perso il suo significato più profondo. Ma, soprattutto, secondo Giuliano, «Rimane la delusione di vivere quella fatidica notte prima degli esami senza gli abbracci dei propri compagni».

 

Articolo tratto dal Magazine Futura uscito il 6 maggio 2020. Leggi il Pdf cliccando qui.

MARTINA STEFANONI