La testata del Master in Giornalismo “Giorgio Bocca” di Torino

La voce delle vittime contro la disinformazione climatica

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Negli ultimi anni, la disinformazione ha condizionato il mondo dell’informazione e, soprattutto, il rapporto tra le persone e la stampa. Un fenomeno sempre più imponente, che ha colpito anche le notizie sulla crisi climatica. Dal negare l’esistenza del fenomeno all’affermare che sia troppo tardi per la transizione, gran parte delle fake news sull’emergenza ambientale vede la collaborazione di chi trae profitto dall’inquinamento: le compagnie petrolifere e le aziende inquinanti. Amy Westervelt, giornalista e autrice del podcast Drilled, al Festival internazionale del giornalismo di Perugia le chiama al banco degli imputati: “Le multinazionali dei combustibili fossili mostrano alle persone che la loro vita dipende dalla loro esistenza, dai loro smartphone agli spostamenti”. Sulla disinformazione in merito alla disinformazione, poi, aggiunge: “Non vogliono che le regole cambino, perché, pur continuando inquinare, loro lucrano a scapito del Pianeta”.

Tuttavia, anche i politici sono responsabili di rallentare la lotta al cambiamento. Florencia Ballarino di Chequeado, un’organizzazione dedicata al fact-checking in America Latina, cita il presidente argentino Javier Milei. Il neo-eletto ha più volte negato l’esistenza dell’emergenza. “Eppure, in Argentina molte persone soffrono a causa del cambiamento”, denuncia Ballarino.

L’ultima novità, l’intelligenza artificiale che consente di produrre disinformazione a partire dal nulla e in ogni momento. Westervelt cita un esempio: “Indagando sulla disinformazione contro le energie rinnovabili, abbiamo scoperto in Australia un giornale scientifico, che diffonde notizie contro la transizione, interamente realizzato con l’intelligenza artificiale”. Per Ugochi Anyaka-Oluigbo, giornalista freelance, la soluzione risiede nel dare parola alle comunità, ascoltando chi vive sulla propria pelle le conseguenze della crisi.