Un investimento nel pubblico, ma in un pubblico che sia più attraente, al passo con i tempi e capace di erogare nuovi servizi. Questo, per l’Università di Torino, ma anche per i suoi partner – dal Ministero della Pubblica Amministrazione alla Regione Piemonte, dal Consiglio regionale all’Autorità nazionale anticorruzione, fino alla Città -, vuol dire trasparenza. Promuovere la fiducia nell’amministrazione e l’idea che “le cose pubbliche sono più belle di quelle private, perché sono di tutti”. C’è spazio anche per la citazione del cardinal Zuppi al convegno “Semplificare, integrare, digitalizzare“, organizzato giovedì 9 marzo nella sede del Rettorato di Torino in occasione della Giornata della trasparenza 2023.
Ad aprire i lavori, i saluti del rettore Stefano Geuna e del ministro della Pubblica amministrazione Paolo Zangrillo, che, impegnato nel Consiglio dei Ministri svoltosi a Crotone, ha voluto condividere con i presenti un ampio videomessaggio. Nel suo intervento, Zangrillo ha parlato di semplificazione come strumento per prevenire le infiltrazioni criminali di tipo mafioso, in un Paese in cui la durata media di realizzazione di una qualsiasi opera pubblica è di circa 4 anni e mezzo per motivi legati soprattutto alla burocrazia. “Se c’è un termine in antitesi con la corruzione – ha affermato – è quello della competenza, che passa anche attraverso una formazione più adeguata dei dipendenti pubblici. Oggi, in media, si formano per un giorno pro capite all’anno”. Puntare sulla competenza, dunque, che per il ministro si manifesta anche nella “capacità di ascolto e nelle occasioni di confronto”. Come quella proposta dall’Università di Torino.
Un evento coerente con le missioni dell’Università, che oltre alla didattica e alla ricerca si deve occupare di promuovere la cultura e gli esiti di quella ricerca. Così, Gabriella Margherita Racca, professore ordinario di Diritto Amministrativo all’Università di Torino e conduttrice dell’evento, ha spiegato ciò che l’Ateneo torinese sta facendo, coinvolgendo nella relazione anche alcuni dottorandi. “Ad un certo punto c’è chi ha pensato che digitalizzazione significasse passare dalla carta al pdf o dalle certificazioni alle autocertificazioni – hanno spiegato -. Non è così. L’Università, grazie ad un confronto serrato tra giuristi e informatici, punta alla creazione di una banca dati che consentirà di gestire meglio il flusso e le informazioni. Per riuscirci, perché questa banca dati sia davvero funzionale, occorre porre fine a quella gelosia del dato che per tanto tempo ha caratterizzato le pubbliche amministrazioni”.
Anche per Giuseppe Busia, presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione, la strada è quella. “Non sovrapporre ma integrare”, ha dichiarato. Cioè, non aggiungere livelli di burocrazia o di certificazioni, ma integrare i dati di cui una Pa è in possesso. Se un cittadino comunica all’Agenzia delle Entrate, al Comune o all’Università una determinata informazione, insomma, nessun altro Ente pubblico dovrebbe chiedergli nuovamente quella documentazione. Un traguardo ancora da raggiungere, ma a cui l’ANAC sta puntando: “La banca dati nazionale, oggi da implementare, semplicemente mettendo a sistema le informazioni di cui la pubblica amministrazione è già in possesso, consentirà di snellire molto le procedure per il cittadino. Un esempio? Non sarà più necessario andare a ricercare i bandi di concorso o di gara delle diverse amministrazioni su albi pretori, gazzette e siti internet. Il sistema consentirà di avvisare di un concorso pubblico tutti gli utenti interessati e aventi i requisiti. Lo stesso potrà fare con le imprese che intendano partecipare agli appalti”.
Un sistema che, per essere realizzato, richiede uno sforzo imponente, anche alla luce dello stato attuale dei fatti, dove non mancano esempi di dati che dovrebbero essere aperti ma che vengono pubblicati in pdf o sono difficilissimi da reperire. La sfida è tutta da giocare, ma, come è emerso dalla tavola rotonda del convegno, è strategica e condivisa. La scommessa è prima di tutto interna: far sì che ogni rappresentante della Pa, di qualsiasi grado o mansione, intenda la trasparenza come un diritto del cittadino nei confronti dell’Ente presso il quale è impiegato, che da ogni azione di trasparenza esce certamente rafforzato.