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La Torino dei grandi eventi, il bicchiere è mezzo pieno. Ma resta tanto da fare

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C’è un momento in cui Torino si è svegliata diversa. Come se qualcuno avesse acceso la luce dopo decenni in cui era un po’ in ombra. Decenni che in tanti rimpiangono con ottimi motivi, decenni del lavoro in fabbrica e delle automobili regine: in città nasceva tanta parte del valore aggiunto del Paese, ma senza ostentazione, con la forza dei numeri. E spesso spegnendo ogni altra vocazione. Poi, nel mezzo di una lunga crisi, è arrivata la svolta: tra gli anni Novanta e i Duemila, le piazze hanno iniziato ad animarsi e sotto i portici sono apparse creature un tempo rarissime: i turisti. Un tempo alle 23 gli ultimi tram si affrettavano a portare a casa gli operai del secondo turno. Oggi, sui mezzi pubblici, anche dopo le undici di sera, si sentono chiacchiere curiose: persone di ogni età che si chiedono cosa vedere, dove fermarsi, cos’altro accade in città. È come se Torino fosse diventata improvvisamente un luogo da esplorare, persino per chi la conosce da sempre.

Era il 2006, l’anno in cui la città ha ospitato le Olimpiadi Invernali. Quel febbraio, con il freddo dell’inverno e il fervore di un evento internazionale, segnò un passaggio epocale. Il settore automobilistico torinese stava attraversando una fase di profonda trasformazione e crisi. Fiat aveva avviato una ristrutturazione radicale: tra la fine degli anni Novanta e i primi anni Duemila si susseguirono chiusure di stabilimenti, riduzioni di personale e un progressivo ridimensionamento del ruolo produttivo di Torino. È in questo contesto che le Olimpiadi del 2006 arrivano quasi come un contrappunto simbolico.

“Torino ha sempre ospitato grandi eventi. La storia lo dimostra: dall’Expo del 1911 , con il finto borgo medievale nel Parco del Valentino, che segnò l’ingresso della città nel panorama industriale internazionale. Le Olimpiadi del 2006 invece chiudono simbolicamente quell’arco temporale”. A parlare è Giovanni Semi, docente di Sociologia delle culture urbane e Sociologia generale all’Università di Torino. Quel passaggio sembra aver tracciato, per i vent’anni successivi, una nuova direzione per la città. È l’inizio di una stagione “ideativa”, avviata con i sindaci Valentino Castellani e Sergio Chiamparino, durante la quale nascono o si consolidano molti eventi culturali: il Torino Film Festival (1982), il Salone Internazionale del Libro (1988), Artissima (1994), Torino Comics (1994), il Salone Internazionale del Gusto (1996), Luci d’Artista (1998), Club To Club (2002), CioccolaTò (2003) e Mito SettembreMusica (2007).

“Negli ultimi dieci anni abbiamo assistito a un’accelerazione, a un cambio di enfasi. Non solo per eventi unici come l’Eurovision Song Contest (2022) o periodici come le Nitto Atp Finals – introdotte nel 2021 sotto l’amministrazione dell’ex sindaca Chiara Appendino, che porteranno il tennis di alto livello in città fino al 2026 – ma soprattutto per la convinzione crescente che l’economia turistica dei grandi eventi possa diventare una delle principali risorse per sostituire ciò che resta delle altre industrie, in particolare della manifattura”, osserva Semi.

Emblematico in questo senso è la creazione, nel 2021, dell’assessorato ai Grandi Eventi, Turismo e Sport – per la prima volta riuniti in un’unica delega dopo anni in cui Sport e Turismo erano separati – guidato da Domenico Carretta e voluto dal sindaco Stefano Lo Russo. “È una visione della città. Dietro c’è una logica precisa: trainare il turismo valorizzandolo anche attraverso sport e grandi eventi”, spiega Carretta.

La scelta politica di scommettere sui grandi eventi è chiara. Basta guardare il lungo calendario degli appuntamenti 2025 presentato a febbraio alla Bit Milano: circa trenta eventi, distribuiti in un ventaglio molto ampio di tipologie. Si va dagli appuntamenti sportivi – come i Fisu World University Winter Games, le Final Eight di basket, La Vuelta di Spagna e le Nitto Atp Finals – agli eventi enogastronomici, come il Salone del Vermouth, il Salone del Vino e i World’s 50 Best Restaurants.

Un peso altrettanto rilevante lo hanno gli eventi culturali e artistici: festival del cinema, rassegne fotografiche, musica – dal jazz all’elettronica – fino a mostre e manifestazioni come Artissima, Paratissima o Luci d’Artista. A questi si aggiungono gli appuntamenti dedicati all’innovazione e alla tecnologia, come l’Italian Tech Week, e quelli di carattere istituzionale o festivo, dalla festa di San Giovanni al Capodanno.

Eventi che non si limitano a riempire le agende cittadine: ciascuno porta ricadute sull’ospitalità, dalla ristorazione agli hotel, e contribuisce a consolidare Torino come meta attrattiva per turisti e visitatori.

Il turismo e le sue implicazioni

Il turismo a Torino è cresciuto significativamente rispetto a dieci anni fa, e una parte di questa crescita proviene da diverse regioni italiane. Nel 2006 gli arrivi si registravano per lo più dal Piemonte, Lombardia e Lazio. Nel 2024 invece la distribuzione regionale appare più ampia e diffusa quasi su tutto il territorio. Le regioni di provenienza da cui si registrano più arrivi sono sempre Lombardia – che passa al primo posto -, Piemonte e Lazio.

Dati: Visit Piemonte, arrivi nell’anno 2006 dalle diverse regioni
Dati: Visit Piemonte, arrivi nell’anno 2024 dalle diverse regioni

Dopo il periodo pandemico, la città torna a respirare. Nel 2024 si registrano quasi un milione di arrivi dall’Italia, mentre il flusso estero si attesta intorno ai 725 mila. Per anni, a partire dal 2006, la distanza tra arrivi italiani ed esteri era ampia e stabile, ma il Covid ha ridisegnato gli equilibri. Il risultato è un panorama più bilanciato: i flussi interni restano stabili, con un leggero aumento, mentre quelli esteri raddoppiano. La maggior parte dei turisti stranieri arriva dalla Francia, seguita dalla Svizzera e da altre nazionalità europee; tra le presenze extraeuropee spiccano i turisti statunitensi. I dati suggeriscono il recupero di una dimensione internazionale, un’aspirazione post-olimpica che oggi sembra dare i suoi frutti. Lo slancio cosmopolita, però, richiede tempo per tradursi pienamente in realtà.

Dati: Visit Piemonte

I numeri mostrano chiaramente come il turismo stia ridisegnando commercio e occupazione, soprattutto nel terziario. A Torino sono attivi 145 hotel, per un totale di oltre 7200 camere, un’offerta che appare in grado di reggere la domanda crescente. Ma a correre più veloce è il settore extra-alberghiero: tra il 2017 e il 2024 gli annunci su Airbnb sono aumentati del 49,9%, portando in città circa 11.700 posti letto in più.

Nel 2024 la capacità ricettiva della piattaforma quasi eguaglia quella degli hotel tradizionali. Lo conferma un’indagine del Full – Future Urban Legacy Lab del Politecnico di Torino: nel capoluogo piemontese risultano attivi 9734 alloggi su Airbnb, per un totale stimato di circa 32 mila posti letto. Gli hotel, invece, ne offrono circa 39 mila, distribuiti in 535 strutture.

L’offerta però ha bisogno di una spinta e la risposta del real estate alberghiero ha puntato sulla costruzione di nuovi hotel di lusso, rallentata però da vincoli edilizi e procedure burocratiche. Le strutture ipotizzate per la seconda edizione delle Atp Finals – come l’ex stazione di Porta Susa o l’ex Curia Maxima di via Milano – saranno pronte tra il 2026 e il 2028.

Federalberghi segnala un freno importante alla crescita torinese nel settore del turismo. L’assenza di un progetto congressuale moderno e polifunzionale, secondo gli albergatori, priva la città di un pubblico internazionale con una capacità di spesa superiore a quella del turista medio. Tra i progetti pensati per colmare questa lacuna c’è il centro nell’area ex Westinghouse, tra via Paolo Borsellino e corso Vittorio Emanuele, fermo da oltre dieci anni, con la prima pietra prevista solo nel 2026. Un altro polo è quello in piazza Valdo Fusi, l’ex Borsa Valori, con apertura prevista entro fine anno. Rimane enigmatico il caso del Lingotto, le cui criticità emergono ogni anno durante il Salone del Libro. Gli attuali poli congressuali – come la Nuvola Lavazza, il grattacielo Intesa Sanpaolo, le Ogr o la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo – svolgono un ruolo urbano rilevante, ma non sono progettati per investire strategicamente solo nell’industria congressuale.

Il turismo ha impatti significativi anche su commercio e occupazione. Secondo lo studio “Il mercato del lavoro nel settore del turismo in provincia di Torino”, curato dal Collegio Carlo Alberto insieme a Camera di Commercio, Turismo Torino e Confesercenti, il settore conta 50 mila dipendenti in circa 13 mila aziende, pari al 7% dell’occupazione totale. L’85% lavora nella ristorazione, il 10% nella ricettività e il 4% nel settore viaggi. La gender pay gap è assente, ma la retribuzione media settimanale lorda non supera i 400 euro. Il comparto è dominato da lavoratori giovani, in larga parte donne; più della metà ha un contratto a tempo indeterminato, ma resta una forte componente stagionale che rende molti impieghi precari.

“Torino è una città di 850 mila abitanti. Se si escludono bambini, pensionati e la fascia fino ai 16 anni, la parte attiva arriva a circa mezzo milione di persone. Di che cosa vivono? – si chiede Semi – circa 50 mila beneficiano direttamente dell’economia dei grandi eventi. Ma quando la distanza con il resto della popolazione si allarga troppo, gestire il malessere sociale diventa una sfida concreta”.

Una sfida – o, meglio, molteplici sfide – che si intrecciano con la questione identitaria: Torino sembra voler recuperare la sua dimensione internazionale, ma resta una vocazione ancora incompiuta. “L’identità passa per molte cose, una fra queste è il fare i conti con il proprio passato – puntualizza Semi – Il che vuol dire non togliere le insegne dei marchi storici dalla sede di Mirafiori come se tutto questo non fosse mai esistito”. Insomma, dice il sociologo che ha fatto il punto sui rischi della gentrificazione, non c’è futuro se non si fanno i conti con il passato interamente: “Come si fa a cercare un’identità quando si nega di aver subito un morto in famiglia? Queste dimenticanze strategiche si trasformano in fantasmi, figure che tornano ciclicamente nella memoria e con le quali non si è mai fatto i conti. Come si fa a cercare un’identità finché la casa è infestata dai fantasmi?”.

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