Unire tutti gli archivi per ricostruire la storia dei sequestri dei beni ebraici durante la Seconda guerra mondiale. Si tratta del progetto di valorizzazione della documentazione bancaria sui beni ebraici presentato il 22 gennaio presso le Gallerie d’Italia nella Settimana della memoria. L’obiettivo è collegare gli archivi di Cariplo, Istituto San Paolo di Torino e del Monte di Pietà di Milano che contengono le carte dei fondi Egeli, ente istituito durante il fascismo che aveva il compito di gestire e rivendere i beni degli ebrei.
”Si tratta di case, arredi, vestiti, quadri, libri, accessori, beni mobili e immobili” spiega Erika Salassa, dell’archivio storico della Fondazione 1563 che sta portando avanti il progetto: “Noi utilizziamo una tecnologia Linked open data (Lod) che ci consente di combinare tutte le informazioni che ci interessano da fonti diverse. In questo modo siamo in grado di valorizzare appieno il patrimonio ebraico sottratto durante la Seconda guerra mondiale.”
Il tema del sequestro dei beni ebraici è un argomento poco noto. Nel 1998 era stata istituita una Commissione sui beni confiscati agli ebrei. I lavori finirono nel 2001 ma quando salì al governo il centrodestra del rapporto che era stato stilato per diversi mesi non si seppe più nulla dei risultati, tanto che la presidente di quella Commissione, Tina Anselmi, intervenne più volte per protestare. E lo stesso fece lo storico Michele Sarfatti, con elegante ironia, sul Corriere della Sera, il 13 novembre del 2002. Poi le relazioni vennero rese pubbliche ma l’attenzione restò scarsa, nonostante la gravità del fenomeno. “Io credo che il motivo sia che i beni materiali sottratti agli ebrei sono sempre stati un tema secondario nella narrativa dell’olocausto” spiega Barbara Costa, responsabile archivio storico Intesa Sanpaolo. “Gli storici però sanno che l’annientamento economico è stato decisivo nel piegare la comunità ebraica ed è un argomento molto sottovalutato.”
Per fare solo un esempio, come si legge sul sito della Fondazione 1563, “i sequestri compiuti a danno delle Comunità ebraiche piemontesi nel corso del 1944 rivelano gli obiettivi di una campagna persecutoria, che attraverso la sottrazione dei beni, mira alla distruzione dell’identità ebraica in ogni suo aspetto”. Nel 1943 un ordinanza e quindi una circolare avviarono la sottrazione, fino al Decreto legislativo n. 2, 4 gennaio 1944 che imponeva la confisca di tutti i beni ebraici. Pochi giorni dopo le comunità ebraiche vennero sciolte e i loro beni sequestrati.