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La rivolta di via Refrancore per la foresta sotto casa

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Il disagio di via Refrancore 64, tre palazzine e un giardino diventato foresta a Madonna di Campagna, è iniziato lo scorso autunno e a oggi nulla è cambiato. Anzi, se possibile la situazione è peggiorata. In un quartiere periferico, tre condomini di costruzione abbastanza recente e in ottime condizioni circondano un giardino che si è trasformato in una giungla. Causa mesi di incuria e il fallimento delle società che dovrebbero occuparsene, le conseguenze sono facilmente immaginabili: vegetazione che ormai arriva alla strada e all’acciottolato tra le palazzine, arbusti ed arbacce, topi e zanzare, persone che si infilano nei buchi di una recinzione che non dovrebbe più esserci per gettare spazzatura e per bivaccare.

Il complesso di tre palazzine e giardino è sorto nel 2008, se ne sono occupate due società, entrambe fallite. L’avvocatura del Comune ha chiesto al curatore fallimentare di prendere in carico il terreno. Tutte e due le società avevano ottenuto una fideiussione dal Comune: il parco sarebbe stato pubblico e quindi di responsabilità comunale. Della polizza si erano perse le tracce fino a ieri, quando una delegazione dei residenti di via Refrancore ha incontrato l’assessore all’ambiente Alberto Unia. “Ci hanno detto che il terreno non è ancora passato al Comune” spiega Luigi Vaccaro, che da mesi si occupa del problema. “L’avvocatura del Comune si è interessata, ma a noi non basta. Entro la prossima settimana formeremo un comitato spontaneo”.

Intanto la foresta cresce, e cambia volto: da giardino condominiale che doveva essere, a discarica. Ci sono alberi che sono cresciuti selvaggi, l’erba arriva fino alla vita e pezzi di legno sporgono da una recinzione in filo di ferro, piena di buchi ma che comunque non dovrebbe esserci. “Quei sacchetti sono lì da giorni” dice Vaccaro indicando un pezzo di recinzione strappato. È partita già una raccolta firme con un buon successo tra i residenti di tutto il quartiere e non solo delle palazzine di via Refrancore. “Siamo arrivati al limite, se entro il 30 giugno il Comune non si è mosso lo faremo noi: abbiamo già comprato tagliaerba e motoseghe. Anche a costo di beccarci una denuncia, questa foresta deve venire via”.

MARTINA PAGANI