La relazione “sociale” fra uomo e AI: la sfida più vicina

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Un cambio di prospettiva sulla paura verso l’intelligenza artificiale è stato portato al Salone del Libro da Simone Natale: “Piuttosto che preoccuparci di essere sostituiti dalle macchine, in questo momento dovremmo stare attenti alle relazioni che instauriamo con le intelligenze artificiali”. Sempre più spesso, infatti, legami affettivi e sociali vengono ricercati nelle chatterbot, come ChatGpt che attraverso la tecnologia AI riescono a dare l’impressione di stare interagendo con un essere umano. Altri cercano nelle macchine relazioni amorose o erotiche come rappresenta bene l’ultimo esempio della chatbot CarynAi, in cui l’avatar dell’influencer Caryn Marjorie ha attirato più di mille persone disposte a pagare per interagire con lei. 

“Non è una questione di inganno, noi sappiamo che è una macchina ma vogliamo comunque proiettare la socialità su di essa”, ha affermato Natale, autore del libro “Macchine Ingannevoli”, presentato al Salone. Come nel film “Her” le persone trovano la soddisfazione di un proprio bisogno nel rapporto con un’intelligenza artificiale: ”Sullo sfondo il nostro immaginario tende a prevalere su quello che abbiamo davanti”, ha affermato l’autore.

Già nel 1966, durante un esperimento con il primo chatterbot della storia, Eliza, una signora chiese al ricercatore di uscire perché doveva confidarsi privatamente con la macchina. Così attualmente cerchiamo di instaurare rapporti sociali con Siri e Alexa, dandogli il buongiorno e la buonanotte. Il pericolo principale è che le grandi industrie sfruttino sempre di più le proiezioni sociali delle persone verso le macchine, come con l’uso di voci umane per gli assistenti personali. Se da una parte, ha spiegato Natale, può facilitare l’utilizzo delle tecnologia dall’altra bisogna prestare attenzione sul fatto che queste tecnologie diventino sempre più credibili e ci facciano credere di essere intelligenze umane.