Quando va al museo, il visitatore crede che tutto, in quelle sale sia eterno e immutabile, ma anche i musei cambiano, si aprono alla società e alla partecipazione culturale e hanno le loro sfide. Lo hanno dimostrato i Musei Reali di Torino, le Gallerie Estensi di Ferrara e il Complesso Museale di Mantova, che, con l’aiuto del Politecnico di Milano, hanno creato un sistema di misurazione per quantificare l’impatto dei musei nella società. Come può contribuire un museo alla creazione di valore nella società? si sono chiesti. Il frutto di questa ricerca è stato presentato oggi, 3 giugno nel Salone delle Guardie Svizzere al Palazzo Reale di Torino. “I musei sono nati per conservare il patrimonio, ma ora devono prepararsi alle sfide del futuro: diventare interattivi, spazio in cui il visitatore possa anche divertirsi, diventare luogo di confronto quotidiano, dove far passare un messaggio culturale più alto e utilizzare meglio i social”, ha detto Michela Arnaboldi, responsabile scientifico della ricerca, condotta per tre anni insieme al Politecnico di Milano. “Oramai il museo è stato democratizzato, non detiene più i suoi contenuti, ma questi sono di tutti. In breve, bisogna modificare le loro competenze, affinché diventino luogo di educazione, e capire quale sia il valore da fornire agli utenti”.
Per questo si è deciso di finanziare una ricerca di questo genere. E il primo dato che è stato analizzato è quello dei visitatori: tutti i musei hanno visto aumentare il loro numero in tre anni, dal 2016 al 2019. Ma ancora più importante, come ha spiegato l’ingegnere Debora Agostino, che si è occupata del progetto, “è stato capire chi è il pubblico e cosa percepisce delle istituzioni museali, profilando soprattutto il cosiddetto non-pubblico, quei soggetti che potrebbero andare al museo ma non ci vanno”. L’indagine è stata condotta in luoghi terzi rispetto al museo, come centri commerciali, parchi e piazze, su persone che visitano o vivono a Torino, Mantova e Ferrara. Si è scoperto che il 29% del pubblico è fidelizzato, cioè ha visitato uno dei tre musei almeno una volta e ci tornerebbe, il 6% conosce il museo, c’è stato ma non tornerebbe, il 18% conosce il museo, ma non c’è mai stato, mentre il 47% degli intervistati non conosce per nulla il museo. “L’obiettivo è arrivare a queste persone. Per farlo bisogna capire i suoi interessi nel tempo libero – ha continuato Agostino – e abbiamo scoperto che i tre principali sono incontrare gli amici, viaggiare e stare a casa a rilassarsi. La seconda domanda riguardava invece i loro canali di informazione sulle attività culturali. I più frequenti sono Internet, Facebook e il passaparola. Abbiamo poi chiesto cosa si aspettano dalla visita di un museo. La maggior parte di loro vuole divertirsi, acquisire nuove conoscenze e conoscere nuove culture”.
Allo stesso tempo è stato chiesto ai visitatori dei musei come questi luoghi contribuiscano al benessere individuale e alla collettività. “Per l’85% il museo contribuisce all’acquisizione di nuove competenze, per l’88% coinvolge e per il 60% contribuisce all’inclusione sociale”.
Sulla base di questi dati ora i tre musei sanno su quali piani muovere le loro forze, grazie anche al fatto che per decreto ministeriale sono dotati di un’autonomia speciale, che permette loro un grande margine di movimento per far fronte ai cambiamenti di cui i musei necessitano in questi anni. Enrica Pagella, direttrice dei Musei Reali di Torino ha detto che “la missione dei Musei Reali dal 2016 è molto orientata verso il pubblico e la costruzione dei servizi per migliorare l’organizzazione interna e l’accessibilità”.
Peter Assmann, direttore del Palazzo Ducale di Mantova, la città che è “la bella addormentata”, ha provato invece “a favorire il coinvolgimento delle istituzioni culturali, ad aprire le porte e creare una rete per far venire tanti che non hanno mai visitato la reggia”. Così ha organizzato mostre, con partner importanti, come il Louvre, che sarà al fianco del Palazzo Ducale per l’esposizione delle opere di Giulio Romano, che si aprirà ili 6 ottobre prossimo.
Anche le Gallerie Estensi hanno cercato di migliorare l’accessibilità, ma anche di fare politiche che aiutassero i turisti di altri musei cittadini a visitare la Galleria: “Stiamo cercando di far conoscere i pittori del rinascimento emiliano che è importante quanto quello fiorentino, ma è completamente nascosto da questo – ha detto Martina Bagnoli, direttrice della Galleria –. I visitatori del Palazzo Estense spesso non conoscono la Galleria che si trova a 500 metri di distanza. Per questo abbiamo creato delle offerte con biglietti cumulativi e un abbiamo dedicato un piano del museo alle mostre, creato sulla base di ciò che sappiamo dei nostri visitatori. Il cardine per la nostra promozione è diventato Internet, con il sito, che mostra l’esperienza che il visitatore può avere nel nostro museo, e con Facebook. In questo modo in un anno i visitatori sono aumentati del 18%.”