La Mole Antonelliana “vestita” di granata per i 70 anni dalla tragedia

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La Mole Antonelliana “vestita” di granata. Sullo sfondo c’è la basilica di Superga. Imponente, tocca il cielo, è il tempio del Grande Toro. Proprio lì, ieri 4 maggio, si sono radunati semplici cittadini, appassionati sportivi e calciatori, per ricordare la squadra del Torino. Sono passati settanta anni da quello schianto, la tragedia che ha cancellato quei volti scavati dalla fatica e dal sacrificio di un calcio in bianco e nero, di un’altra epoca. Restano impresse nella memoria le imprese di quella squadra, che con umiltà vinceva cinque scudetti consecutivi. Tutto raccontato in una mostra vicino al monumento simbolo torinese.

Lo scatto della Mole dipinta di granata è del fotografo Valerio Minato ed è diventata il simbolo della giornata commemorativa del 4 maggio. La foto è stata condivisa anche dalla sindaca Chiara Appendino che cita Indro Montanelli: “Gli eroi sono sempre immortali agli occhi di chi in essi crede. E così i ragazzi crederanno che il Torino non è morto: è soltanto “in trasferta””. La prima cittadina ha rappresentato la città di Torino durante le celebrazioni.

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Le celebrazioni

Dopo la solenne Messa in Duomo, i calciatori del Torino, della Juventus e tanti altri appassionati del Toro sono saliti su al colle di Superga per la tradizionale lettura dei nomi alle ore 17:05. A leggerli è stato capitan Belotti: Bacigalupo, Ballarin, Bongiorni, Castigliano, Fadini, Gabetto, Grava, Grezar, Loik, Maroso, Martelli, Mazzola, Menti, Operto, Ossola, Rigamonti, Schubert. La maggior parte rinforzavano le fila della nazionale italiana di calcio, che dopo quel dramma ci ha messo decenni per risollevarsi.

 

Niente megafoni all’esterno del Duomo

I tanti rimasti fuori dal Duomo non hanno potuto ascoltare l’omelia di don Robella, cappellano del club granata, poiché all’esterno mancavano i megafoni. Oltre duemila invece sono stati i presenti a Superga.

Don Robella ha rotto dei cocci di un vaso e li ha distribuiti ai fedeli. “Tutti devono portare nel cuore un coccio di quella squadra che non potrà rinascere, ma potrà risorgere. A ognuno – è l’invito del parroco – spetta il compito di ricomporre quel vaso pieno di grandi valori, ricordando però che nessuno è portatore esclusivo della memoria, che va condivisa. Tutti ne siamo custodi e abbiamo il compito di trasmetterla a chi verrà dopo di noi”.

L’editore e patron dell’attuale Torino, Urbano Cairo, ha apprezzato lo striscione dei tifosi juventini: “È il modo giusto con cui ci si deve rapportare davanti a disgrazie come queste. Dimentichiamo tutto e pensiamo in positivo al futuro onorando la memoria dei caduti di Superga”.

 

Mattarella: Il Toro fece innamorare gli italiani

Ha parlato anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella: “La tragedia di Superga, nella quale persero la vita i campioni del grande Torino e quanti si trovavano con loro sull’aereo che li riportava a casa dopo la trasferta di Lisbona, è una pagina indelebile della storia della nostra Repubblica e non soltanto del calcio italiano. Enorme fu l’emozione che immediatamente suscitò quello spaventoso incidente. Spontanea divenne tra gli italiani la condivisione del lutto per le vite spezzate di quei giovani, i cui volti erano un simbolo dello sport e, per questo, rappresentavano anche un segno della rinascita del Paese dopo gli orrori della guerra. Ma la memoria di quella squadra è rimasta viva e anzi si è rafforzata nel tempo”.

Sette decenni dalla tragedia. Ma le idee e i grandi valori sportivi continuano a camminare sulle gambe degli uomini.

NICOLA TEOFILO