Nel giorno della morte di Óscar Romero, le strade di San Salvador si riempiono di gente. Sono 37 anni, da quel 24 marzo del 1980, che la tradizione continua, oggi come nei momenti più duri della guerra civile. Una marcia per ricordare il monsignore ucciso brutalmente sull’altare, una figura che ha diviso e continua a dividere El Salvador. La commemorazione è partita con una celebrazione nel luogo della morte, la cappella dell’Ospedale della Divina Provvidenza, dove in una lunga cerimonia si sono alternati preti cattolici, anglicani e un pastore battista. La marcia ha tagliato in due la capitale, toccandone i luoghi più simbolici: il monumento al Divino Salvador del Mundo, la statua del monsignore, il monumento alla memoria e alla verità e infine la cripta della Cattedrale di San Salvador, luogo di sepoltura del salvadoregno beatificato nel 2015.
La morte di Monsignor Romero porta alla ribalta mondiale le enormi tensioni sociali di El Salvador. Il piccolo stato centroamericano viveva alla fine degli anni ’70 una dura repressione politica, i militari avevano l’appoggio statunitense, in quegli anni impegnati a evitare il contagio comunista in Centro America. Il Nicaragua sandinista era un esempio da non seguire, l’America Latina era e doveva rimanere il “giardino di casa” di Washington. Qualunque alternativa era preferibile alla vittoria di liste di sinistra, spesso gli Stati Uniti fornivano aiuti, appoggio e addestramento ai regimi militari, come nella Escuela de las Américas di Panama.
La collaborazione delle autorità ecclesiastiche con i regimi militari latinoamericani è un fenomeno molto comune, la nomina ad arcivescovo di San Salvador, nel febbraio del 1977, entra in questo filone, Romero non aveva manifestato idee politiche tali da infastidire il governo salvadoregno. Un mese dopo la nomina, muore in un attentato Rutilio Grande, un sacerdote gesuita e amico personale di Romero. Grande era un esponente della Teologia della Liberazione che aveva a lungo lavorato con i contadini più poveri e aveva duramente criticato il governo militare. L’omicidio colpisce profondamente Romero, che da quel momento inizia un’aperta campagna a favore degli ultimi, della giustizia sociale e in aperta opposizione al regime militare.
Il 23 marzo 1980 l’arcivescovo invita apertamente gli ufficiali e tutte le forze armate a non eseguire gli ordini, se questi erano contrari alla morale umana. Il giorno dopo, un cecchino spara all’arcivescovo durante la celebrazione della messa nella cappella dell’ospedale della Divina Provvidenza di San Salvador, il colpo è fatale. Da quel giorno, migliaia di persone si riuniscono ogni anno in una lunga marcia popolare per celebrare la memoria di Óscar Romero. L’evento è continuato e si è rafforzato anche durante la lunga e sanguinosa guerra civile salvadoregna, iniziata proprio nel 1980 e terminata nel 1992.