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La lettera dei rider di Torino al premier Giuseppe Conte

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Dopo diversi appelli condivisi anche sulle pagine Facebook, tra le quali “Deliverance Project”, centouno riders di Torino, i ciclofattorini che consegnano cibo a domicilio, hanno firmato una lettera indirizzata al presidente del Consiglio Giuseppe Conte e alla ministra del Lavoro Nunzia Catalfo.

I lavoratori del food delivery, in gran parte precari, chiedono maggiori tutele e sostegni economici. In particolare chiedono di fermare subito, con un decreto legislativo, la consegna di pasti pronti a domicilio e includere i rider nelle misure a supporto del reddito.

Diversi sono gli interrogativi ancora aperti. Il sushi o la pizza possono essere considerati dei beni di prima necessità? I riders si domandano: quanti lavoratori – e non solo – è disposto a sacrificare questo governo per garantire una pizza a settimana a chi ancora se la può permettere, ma soprattutto per assicurare guadagni a quattro multinazionali? Verrà data priorità ai profitti di queste aziende o invece si preferirà tutelare la vita delle persone?

L’appello è stato firmato anche da Cub Piemonte, Si Cobas Torino, Usb Piemonte, Potere al Popolo, Rifondazione Comunista – Sinistra Europea, Federazione Torino e Studenti Indipendenti.

 

La lettera integrale

APPELLO PER LA TUTELA DELLA SALUTE E IL SOSTEGNO AL LAVORO E AL REDDITO DEI “RIDER”

Al Presidente del Consiglio dei Ministri, signor Giuseppe Conte,
e p.c. alla Ministra del Lavoro e delle Politiche Sociali, signora Nunzia Catalfo.

Le misure straordinarie prese dal Consiglio dei Ministri della Repubblica indirizzate al contenimento della diffusione del Covid-19 su tutto il territorio italiano includono la chiusura delle attività non essenziali. Nonostante ciò, a quanto pare non si è ritenuto opportuno fermare l’attività dei fattorini di pasti a domicilio, i cosiddetti “rider”.

Questi lavoratori sono particolarmente esposti al contagio e possono diventare vettori nella diffusione del virus, dato che ogni giorno passano da tanti negozi e dalle case di tanti consumatori senza che ci sia alcun controllo che garantisca le misure minime di sicurezza, e sono costretti a farlo senza i Dpi per l’emergenza, perché le aziende per cui lavorano non li forniscono.

Oltretutto i rider sono privati anche di tutele reddituali: scontano la paradossale situazione di non avere accesso né alle tutele che spettano ai lavoratori subordinati (anche se di fatto lo sono), né alle misure di sostegno recentemente approvate per gli autonomi.

Questo perché i rider sono impiegati con contratti di prestazione occasionale e partite IVA fasulli, anche se la maggior parte di loro lavora in forma continuativa per un solo committente e questa attività costituisce la loro principale fonte di reddito: tanti lavorano più di 50 ore settimanali senza nemmeno un giorno di riposo costretti dalle loro paghe da miseria.

Nel decreto approvato dal governo che sospende le attività non essenziali c’è scritto che “è sempre consentita l’attività di produzione, trasporto, commercializzazione e consegna di farmaci, tecnologia sanitaria e dispositivi medico-chirurgici nonché di prodotti agricoli e alimentari” (lettera F del DPCM 194). Sotto questo ombrello vengono assimilate, in quanto essenziali, l’attività di rifornimento all’ingrosso dei prodotti alimentari e quella di consegna di pizze, hamburger, sushi e gelati a domicilio.

Questa cinica scelta implica disinteressarsi ancora una volta della salute di questi lavoratori, considerati in realtà sacrificabili. Ma non solo: così viene trascurata anche la salute delle loro famiglie e coabitanti, dei clienti ai quali portano i pasti e infine della società nel suo insieme.

Quanti lavoratori – e non solo – è disposto a sacrificare questo governo per garantire una pizza a settimana a chi ancora se la può permettere, ma soprattutto per assicurare guadagni a quattro multinazionali? Verrà data priorità ai profitti di queste aziende, o invece si preferirà tutelare la vita delle persone?

Per le ragioni sopra elencate facciamo un appello affinché:

– si fermino nel minor tempo possibile, con un decreto legislativo, tutte le attività di consegna di pasti pronti a domicilio;

– i rider vengano inclusi nelle misure di supporto al reddito già previste per la maggior parte dei lavoratori autonomi.

NICOLA TEOFILO

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