La fantascienza viaggia da Pechino alla Mole

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Il Mufant di Torino guarda a Oriente. “Il prossimo settembre apriremo un nuovo spazio di 200 metri quadri dove metteremo in mostra la fantascienza cinese. Per farlo collaboreremo con Science Fiction World e Eight Light Minutes, due importanti punti di riferimento nel settore”, spiega Davide Monopoli direttore del Mufant, il primo museo italiano dedicato a tematiche fantastiche e fantascientifiche. Verranno esposte riviste, bozze, libri, oggetti dell’immaginario fantasy, sarà presente anche una dimensione multimediale. Elementi che racconteranno il fantastico cinese: dai libri rari ai prodotti mainstream.

“È da tempo che ci pensiamo, la pandemia poi ha rallentato tutto, ma c’è un parallelismo tra fantascienza cinese e italiana”.

Entrambe sono nate in sordina, entrambe raccontano grandi storie. Nel caso italiano a fine 800 c’erano l’Inghilterra e la Francia di Jules Verne, presenze ingombranti e l’Italia non trova lo spazio per emergere. “Poi qualche anno fa abbiamo cominciato a fare ricerche con Riccardo Valla, grande esperto di fantascienza, per capire se ci fosse effettivamente un filone fantascientifico italiano e abbiamo trovato moltissimo materiale” spiega Monopoli. Anche la Cina è rimasta appannata sullo scenario internazionale, ma fino al 2008. La data in cui Liu Cixin ha vinto il premio Hugo, il più importante al mondo a tema fantascientifico. “Erano anni che il premio veniva assegnato sempre ad autori occidentali, il 2008 ha segnato una svolta, e anche in questo caso, un po’ come è stato per l’Italia si farà una ricerca all’indietro per scoprire fantascienza di valore che non è ancora venuta alla luce”, sottolinea Monopoli.

La Cina per struttura sociale, storica e culturale è un terreno fertile dal quale nascono belle storie fantascientifiche. Non è un caso che il genere abbia cominciato a emergere in modo parallelo con la cavalcata tecnologia del Paese. “La fantascienza cinese ha una forte vocazione sperimentale, per esempio Qui Feng ha iniziato a scrivere una storia a quattro mani con un’intelligenza artificiale, è una provocazione. La Cina sta affrontando i grandi vantaggi e pericoli delle nuove tecnologie e su questa tensione è possibile costruire narrazioni forti”, spiega Monopoli. Un po’ come è successo negli Stati Uniti. Era il 45 quando la bomba atomica mostrò il volto più violento della tecnologia, e a partire da quel momento il filone fantascientifico è andato oltre alla mistificazione ingenua della macchina. Si pensi a Philip Dik, a come ha raccontato quanto gli errori umani potessero essere amplificati dalle macchine.

“Sabato abbiamo anche un incontro con Eight Light Minutes. Il prossimo autunno andremo a Chengdu. Porteremo il Mufant in rappresentanza della città al festival Chengdu Europe Culture Season” spiega Monopoli.

Torino sta aprendo un dialogo, i 200 metri quadrati del Mufant saranno un primo passo per raccontare che forma prenderà il soft power cinese nei prossimi anni. “Un soft power che si tradurrà in libri, fumetti, film, serie che molto presto raggiungeranno l’Occidente”, conclude Monopoli.