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La Carovana simbolo dello sport per tutti, ora cerca un polo stabile

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“Se non ha cambiato il mondo, ha cambiato un po’ noi”. Così Gianluca Carcangiu, coordinatore per il Piemonte del progetto CsenCarovana dello Sport Integrato” ha commentato i due mesi di sport, amicizia e integrazione terminati con la cerimonia di oggi 27 novembre.

Il progetto, finanziato dal ministero del lavoro e delle politiche sociali, ha attraversato l’Italia durante i mesi di marzo, aprile e maggio, promuovendo il superamento della dicotomia tra lo sport per persone senza disabilità e tra quello per persone con disabilità, a favore di una pratica sportiva che sia di tutti e per tutti.

“Quando giochiamo vediamo le persone per come sono realmente”, ha affermato Andrea Bruni, responsabile Csen dei progetti. “Ci aiuta a lavorare in maniera più diretta con le scuole”. In tutta Italia, infatti, 450 ragazze e ragazzi hanno redatto la Carta dei Valori dello sport integrato. “Quello che facciamo ha un senso, segue dei valori ben precisi”.
Le parole che compongono la Carta dei Valori sono nove, si parte con sostenibilità, perché “Se il mondo lo distruggiamo, abbiamo poco di cui parlare”, fino ad arrivare a felicità: “Il diritto di stare bene è un diritto di tutti, anche di chi nasce con disabilità fisica o disagi economico – sociali”, ha continuato Bruni.

In ogni regione, quando la carovana approdava nella sede stabilita, dopo la presentazione della Carta e l’incontro di formazione, si scioglieva il ghiaccio con una partita di Football Integrato: “è perfetto, perché sul campo ognuno ha il suo ruolo e collabora al risultato finale, non importano le differenze”, ha spiegato Andrea Bruni.

La Carta dei Valori redatta durante questi due mesi è stata poi presentata a Roma ottenendo un grande successo: “forti dei numeri raggiunti, oggi presentiamo un nuovo progetto” ha annunciato il responsabile dei progetti Csen. “L’idea è quella di creare in ogni sede raggiunta dalla Carovana un polo stabile per lo sport integrato. Bisogna pensare a questo progetto come una sorta di start up, in cui chiunque può dare qualcosa”, ha concluso.

Lo sport è cultura, e l’integrazione sociale e culturale passa proprio da qui. Il lavoro fatto durante questi mesi ha coinvolto molte scuole in tutto il paese che, attraverso il gioco, hanno imparato a capire che siamo tutti uguali e che, sul campo, non esistono diversità, si collabora tutti per lo stesso obbiettivo. A Torino, ha partecipato l’allora Terza A dell’Istituto Levi: “All’inizio eravamo tutti un po’ spaventati dal progetto, – ha affermato una studentessa, – ma abbiamo capito davvero il valore delle cose quando abbiamo iniziato a giocare”.

 

MARTINA STEFANONI