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Reperti dell’Egizio a Catania. Una bufala faraonica

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di Massimiliano Mattiello e David Trangoni

Nei giorni scorsi il direttore del Museo Egizio di Torino, Christian Greco, ha aperto a un possibile scambio culturale con Catania, con il trasferimento di alcuni reperti in Sicilia. Una notizia che ha creato allarmismo sotto la Mole, dov’è nata una polemica che il ministro della cultura, Dario Franceschini, ha definito «provinciale». In 5 domande e risposte vi spieghiamo come in questo caso si possa parlare di “bufala faraonica”.

È vero che parte della collezione del Museo Egizio sarà spostata a Catania?

Ancora nessun accordo è stato firmato. Qualora venisse stipulato un patto tra le due città, alle pendici dell’Etna andrebbero al massimo 300 pezzi, scelti tra quelli stipati nei depositi del museo e non destinati a far parte della collezione permanente dell’Egizio. Si dimostra falso dunque quanto sostenuto dalla petizione lanciata dal “Comitato Museo Egizio Patrimonio Inalienabile” che stima il prestito intorno ai 17 mila reperti.

C’è stata addirittura un’interrogazione in consiglio regionale. Quali sono le motivazioni delle proteste?

La questione deriva da alcune speculazioni secondo le quali l’Egizio sarebbe in perdita. Il direttore Christian Greco, confermando nella sua risposta all’interrogazione sullo stato di salute del museo (uno dei 10 più visitati d’Italia) ha affermato che per il 118% si autofinanzia con gli introiti dalla biglietteria. Inoltre i visitatori sono aumentati, passando dai 60 mila di gennaio 2016 ai 71 mila nello stesso mese del 2017.

Com’è nata questa operazione culturale?

L’operazione nasce dalla voglia di «valorizzare la collezione», come sostenuto da Dario Franceschini, ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. Il prestito porterebbe dunque visibilità alle opere che non trovano spazio all’interno del museo che, come ricordato dal direttore Greco, rappresenta un bene nazionale. Inoltre a Torino arriverebbero 5 nuovi curatori per approfondire l’origine di quei reperti continuando nel progetto di ricostruzione storica delle collezioni.

Si tratta di un format già utilizzato in passato?

Gli scambi culturali sono tipici dei musei nazionali e le mostre itineranti del museo Egizio hanno toccato diverse città in Italia e all’estero. Stando alle dichiarazioni rese dalla soprintendente Papotti a La Stampa, i reperti portati a Pompei nel 2016 sono stati visitati da 2,8 milioni di turisti. Altre opere, provenienti dall’Egizio, sono state ammirate a Leiden, in Olanda, e Karlsruhe, in Germania. Il viaggio delle collezioni torinesi non pare fermarsi qui e infatti sono previste per il 2017 viaggi a San Pietroburgo e in Cina.

Chi ci guadagna?

Le cifre economiche dell’accordo non sono state ancora rese note. I numeri confermano invece un guadagno in termini organizzativi e culturali. I 5 curatori in arrivo a Torino rappresentano un investimento importante per la valorizzazione del patrimonio museale cittadino.