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L’IA, un pericolo per il giornalismo?

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L’intelligenza artificiale (IA) avrà un impatto sul modo in cui le persone raccontano e leggono le notizie. Non è stato ancora compreso però se l’influenza sarà positiva o negativa, né quale sarà la risposta dei media.

Distinguere le fake-news create con l’AI

Charlie Beckett, direttore e fondatore di Polis, e Anya Schiffrin, docente della Columbia University, dibattono al Festival Internazionale del giornalismo di Perugia sulle minacce che la tecnologia potrà avere sulla capacità di distinguere le fake news. Per Beckett, è importante ricordare che non è l’intelligenza artificiale a creare disinformazione: la responsabilità è umana. Soprattutto è fondamentale comprendere che cosa la renda così efficace e pervasiva, a partire dalle abitudini dei lettori. Per far fronte a questo problema, la direttrice di Agence-France Presse Sophie Huet ricorda alcuni degli strumenti usati all’interno della loro redazione. Per Huet è fondamentale tenere a mente i valori del giornalismo, a partire dalla qualità dell’informazione. Allo stesso modo è importante aiutare il pubblico a identificare le notizie di alta qualità. D’altra parte, l’IA potrà aiutare il giornalismo: ciò che conta è usare lo strumento con cura, senza tralasciare la voglia di sperimentare.

Tech companies e dati

Beckett e Schiffrin, d’accordo in merito alla trasparenza delle news room sull’uso dell’IA, hanno invece una visione diversa sul pagamento dei dati da parte delle aziende della Silicon Valley. Il fondatore di Polis crede infatti che i giornali non dovrebbero cercare di negoziare con le big companies per ottenere dei risarcimenti, come sta facendo ad esempio il New York Time. Piuttosto, dovrebbero concentrarsi sul loro pubblico. Schiffrin ha una visione diversa della questione: le aziende dovrebbero pagare per le informazioni che utilizzano. Tuttavia, probabilmente si ripeterà quanto accaduto con Google. Alla fine le negoziazioni favoriranno i grandi editori, a scapito delle realtà locali.

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