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Ivrea abbatte le barriere. Ma lo fanno in pochi

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“È stata una bella giornata”. Sergio Prelato, dell’Unione italiana ciechi e ipovedenti del Piemonte (Uici) è soddisfatto dopo l’incontro con il comune di Ivrea che si è tenuto lunedì 13 marzo. “Il Pnrr è una cascata del Niagara di soldi e tu ne afferri qualche rivolo”, dice. La notizia è che il comune di Ivrea investirà circa 650mila euro per l’eliminazione delle barriere architettoniche nella città. Nell’ambito del Bando di rigenerazione urbana da 5 milioni di euro vinto dalla Città, si prevedono infatti alcune opere che migliorano l’accesso agli spazi cittadini alle persone con disabilità.

L’assessore Michele Cafarelli parla di due obiettivi da raggiungere: uno è quello della mobilità sostenibile nei quartieri – passaggi pedonali rialzati, percorsi facilmente utilizzabili da pedoni e ciclisti oltre che da persone portatrici di varie disabilità, e poi una rete di percorso che attraversa il centro per collegare i luoghi vitali e “più vissuti” della città di Ivrea: ospedale, tribunale, mercato, stazione. I fondi rientrano nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) e andranno a finanziare progetti con scadenza entro il 2026.

Un bel passo in avanti, se diventerà realtà. Ma tanto resta da fare. Prelato spiega che i comuni dovrebbero dotarsi di un Piano per l’eliminazione delle barriere architettoniche (Peba) per legge. Nonostante le previsioni legislative, non c’è omogeneità in Italia. Esistono pratiche virtuose ma non sono diffuse. Prelato è preoccupato anche per come le amministrazioni si sono mosse per il Pnrr: “Prima fanno i progetti, incassano i soldi e dicono che abbattono le barriere, ma ci dovevano consultare. Ora hanno paura perché devono chiudere [i bandi] a maggio”.

Per le persone disabili autodeterminarsi è una battaglia senza sosta. È un privilegio non temere che a ogni nuova di legislatura siano messi in discussione i propri diritti. “Molte risorse vengono disperse”, dice Prelato, perché la Uici non ha una struttura tecnica così forte da riuscire a controllare tutti i progetti volti all’inclusione di persone con disabilità. La politica, dal canto suo, raramente si muove in autonomia su questi temi. “In questo momento stiamo difendendo in trincea i diritti acquisiti”, dice, “dobbiamo stare attenti a cosa fanno con il Milleproroghe. Abbiamo un ufficio apposito che osserva tutti gli articoli e li emenda”.

Sullo sfondo, ma non troppo, c’è un problema culturale. Per diversi esperti la discriminazione dei disabili è legata al cosiddetto “abilismo”, neologismo adottato dalla Treccani nel 2019, che sta a indicare un “atteggiamento discriminatorio e pregiudizialmente svalutativo verso le persone con disabilità”. La costruzione dello spazio cittadino spesso riecheggia, nelle sue dinamiche, questo fenomeno: l’urbanistica è realizzata ricalcando un’idea di normalità che si dimentica sistematicamente dei corpi non conformi, e gli investimenti a favore della disabilità sono necessariamente qualcosa che si “intercetta” e che si deve “deviare” verso i progetti giusti.

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