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Intervista a Nicola Lagioia: “Vi racconto il mio primo Salone del Libro”

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“Torino ha tutte la carte in regola per diventare una città protagonista tra le grandi capitali della cultura europea. Il Salone del Libro è uno di quei momenti in cui, se si giocano le carte giuste, la città può ricordarsi di quanto sia forte. Per come lo immagino io, il Salone dovrebbe essere qualcosa che lavora tutto l’anno”. Nicola Lagioia è da pochi mesi direttore editoriale del Salone ma ha già cambiato faccia alla kermesse torinese più attesa dell’anno. Una trentesima edizione più internazionale, più aperta ai giovani, più “rock”. A meno di due settimane dall’inizio (18-22 maggio), il 43enne vincitore del premio Strega 2015 racconta aspettative e speranze del suo primo Salone.

Come stai vivendo questo avvicinamento al 18 maggio?

Si dorme poco e si lavora tanto, ma non vediamo l’ora che inizi il Salone. Il processo d’avvicinamento è partito bene con il successo di pubblico dell’incontro con Svetlana Aleksievič alla Cavallerizza Reale e continuerà domani con Patti Smith. E’ bello cominciare a percepire e saggiare il feeling che la gente ha col Salone.

In un’intervista al Corriere della Sera di qualche giorno fa Marina Berlusconi ha detto: “La lettura è un antidoto formidabile contro l’integralismo e l’intolleranza”. Sembra proprio riprendere il titolo di questa edizione del Salone, “Oltre il Confine”. Com’è stato scelto questo tema?

Vuoi dire che Marina Berlusconi in qualche modo è nostra alleata? Allora sarebbe bello che l’anno prossimo ci fosse Mondadori (ride, ndr). Nell’anno di Trump e della Brexit, questo tema era talmente caldo che non poteva non essere affrontato attraverso i libri, uno dei maggiori strumenti di restituzione della complessità che l’uomo si è inventato. I confini sono una faccenda un po’ complicata: da una parte chi ricalca troppo l’idea di confine fa riemergere il lato più barbarico e violento della nostra civiltà, identificando come nemico chi sta dall’altro lato del confine. Dall’altra, però, c’è chi vorrebbe cancellare tutti i confini possibili e immaginabili, eliminando le diversità. Non è stato un argomento difficile da scegliere, ma neanche banale: è un modo per fare vedere che il Salone del Libro non è neutrale su una tematica del genere.

Alla presentazione ha snocciolato i tantissimi ospiti. Qual è l’ospite per cui si è speso di più per la sua presenza e quale invece la incuriosisce di più?

Ci stiamo spendendo molto per il ritorno di Twin Peaks, avremo in anteprima la prima puntata della nuova serie. Mi incuriosiscono molto Guido Ceronetti e Domenico Quirico insieme, ma anche Milo Manara. Pennac? Ci ha tenuto in sospeso un po’ di mesi, ma è stata una delle prime cose su cui abbiamo ragionato con Feltrinelli. Con il suo libro in uscita era importante averlo qui. In più è stato generosissimo perché parteciperà a ben quattro incontri.

Alla presentazione ha detto che “Aprile è il più crudele dei mesi per chi non ha seminato in autunno”. Qualcuno l’ha interpretata come una frecciatina a “Tempo di Libri”.

Non c’era un riferimento polemico a Rho. Due fiere possono sicuramente esistere, ma non possono essere il frutto di una spaccatura all’interno del mondo editoriale, perché così creano sofferenza agli editori stessi. La cosa più antipatica e dannosa che potrebbe succedere è che diventi non solo un salone contro l’altro, ma un territorio contro l’altro. Anche pensando all’economia che genera (50 milioni secondo uno studio della Camera di Commercio torinese, ndr), mettere il bastone tra le ruote al Salone di Torino, vuol dire metterlo a un intero territorio. Spero si possa trovare un accordo con i ministeri, ma se ne parlerà dopo il Salone.

Che voto darebbe ai suoi compagni di percorso (Comune, Regione, Ministero dei Beni Culturali)?

In questi mesi sono stati bravissimi, ci hanno supportato e non hanno mai prodotto ingerenze per quanto riguarda i contenuti. Ci siamo spalleggiati per il bene del Salone e questa cosa finora ha funzionato.

In questa 30esima edizione ci saranno più case editrici e più metri commerciali: è stato tanto difficile riuscirci?

Nell’anno in cui quest’estate non si capiva nemmeno se il Salone si sarebbe fatto o meno, convincere più di mille editori a venire e avere più metri quadri dell’anno scorso è stato impegnativo. Poi ci siamo ritrovati ad avere molti più editori rispetto alle attese e il problema è stato tenerli tutti dentro al Lingotto in un posto che per loro fosse soddisfacente. Tenere insieme tutti quanti i pezzi non è stato semplice.

Capitolo numeri visitatori: qual è l’obiettivo per quest’anno?

Mi accontento di uno in più rispetto all’anno scorso.

Qual è il sogno per il suo primo Salone?

Il sogno lo stiamo già realizzando, organizzare un Salone vivo con una comunità di riferimento che ti risponde. Il sogno, in questo caso, non è una cosa astratta, si sta concretizzato strada facendo, autore dopo autore, editore dopo editore che siamo riusciti a coinvolgere. E ora dovrà essere lettore dopo lettore.

Emanuele Granelli