I Gazebo Penguins tornano a Torino con un live giovedì 10 aprile al Cap10100, dove arriveranno con i pezzi del loro ultimo disco Temporale, uscito il 21 marzo per l’etichetta Dischi sotterranei. Il sesto album del gruppo esplora in maniera per niente superficiale il tema della mente, tra filosofia e concretezza. Con vent’anni di carriera alle spalle, la band emiliana cresce insieme alla sua musica, che in Temporale sembra più riflessiva, leggermente lontana dalla tradizione emo-core dei lavori precedenti e con testi più lunghi e narrativi.
Abbiamo parlato con il cantante e chitarrista dei Gazebo Penguins Gabriele Malavasi, in arte Capra, per farci raccontare quest’ultimo disco.
Se qualcuno non vi avesse mai ascoltato prima, quale canzone di questo album gli consiglieresti per immergersi completamente nel vostro mondo?
“Secondo me la canzone che un po’ ci lega al passato è Inospitale, che crea proprio un ponte verso i nostri inizi, verso l’album Legna, uscito nel 2011. Quello di ricollegarci al passato è un concetto che cerchiamo di portare nella nostra musica, che è molto identitaria e continua a rappresentarci negli anni pur cambiando. Vogliamo creare una sorta di passaggio di testimone tra i nostri momenti, mantenendo la coerenza senza abbandonare la sperimentazione, così da non diventare la cover band di noi stessi”.
In Temporale c’è un’evoluzione sonora rispetto ai vostri ultimi lavori. Quindi è stata una scelta conscia?
“Sì, perché quando fai musica da più di vent’anni è inevitabile volersi superare e migliorare, per non appiattirsi su quello che già pensi possa piacere. Fare un passo avanti è necessario anche perché cresciamo con le nostre canzoni, cambiamo, invecchiamo: il tempo ci attraversa. Per quest’album ci siamo posti la sfida di fare un disco senza prove, un po’ per incentivare la creatività un po’ per vedere se cambiando le dinamiche potesse venir fuori qualcosa di diverso. Ci siamo anche dati delle griglie di lavoro stringenti, seguendo l’esempio degli scrittori dell’Oulipo (Ouvroir de littérature potentielle, officina di letteratura potenziale) di cui faceva parte anche Italo Calvino. Per esempio, ci siamo imposti di inserire delle sonorità di un universo musicale lontano, quello degli anni ’80, e di raccontare le dimensioni della mente umana”.
Cosa ascoltavate durante il periodo di registrazione?
“In realtà quando lavoro a un disco io smetto di ascoltare musica, principalmente leggo. Quindi queste influenze sono venute fuori non da un ascolto attivo, ma dalla memoria, visto che il disco parla proprio di questo: di cose succede nella testa quando ci ricordiamo qualcosa, del fatto che un ricordo è più forte se legato a un’emozione passata”.
Temporale è un concept album legato alla filosofia della mente. Qual è stato il processo per tradurre questa idea in note?
“Il livello musicale e quello testuale dei Gazebo Penguins viaggiano sempre in autonomia. Prima creiamo la struttura del pezzo, e poi pensiamo alle parole, in una sorta di dicotomia. Una volta che avevamo chiuso la parte di musica, per arrivare ai testi incentrati sulla mente abbiamo raccolto tanti spunti, studi e riflessioni fatte tra di noi. Abbiamo fatto anche molta attenzione alla ricorsività dei temi lungo tutte le tracce, perché ci piaceva che i concetti si intrecciassero e ritornassero in maniera diversa, esattamente come nel cervello ci sono ricordi e segnali neuronali che ritornano ma non hanno mai lo stesso effetto della volta precedente”.
Il titolo Temporale è una parola che racchiude diversi significati: tempo, tempesta, una parte della mente. L’aspetto più emotivo e quello più razionale sono intrecciati nel disco?
“Esattamente, perché non sono divisibili, sono parte di un unico organismo che lavora di concerto, proprio come una band. Tantissime teorie neuro-scientifiche sostengono il ruolo delle emozioni nella memoria. Per esempio, se un ricordo è legato a una specifica sensazione passata, quando compare lo fa con un solco molto più profondo di quello creato da altri. Poi ci sono dei veri e propri marcatori somatici sul nostro corpo che ci ricordano esperienze passate legate a picchi di emotività. E questo intreccio inestricabile secondo noi trova nella musica un estuario perfetto”.