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Ermes Maiolica: “Le bufale stanno diminuendo, agli utenti non serve la babysitter”

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di Lisa Di Giuseppe

È della settimana scorsa la notizia che Facebook ha certificato per la prima volta una notizia come bufala, segnalandone la non veridicità in base al giudizio di un’agenzia che si occupa di verificarne la fondatezza. Per ora il servizio non è ancora attivo in Italia, anche se anche nel nostro Paese i “bufalari” continuano a produrre fake news. Un fenomeno in crescita da qualche anno, tanto che addirittura la presidente della Camera Laura Boldrini, terza carica dello Stato, ha lanciato un appello scritto con il contributo di esperti antibufala come Paolo Attivissimo e Walter Quattrociocchi, #BastaBufale. Una voce fuori dal coro è quella di Ermes Maiolica, noto come “bufalaro” della rete con scopo educativo, per spiegare al pubblico come smascherare le fake news.

Pensa ci sia bisogno di qualcuno che segnali le potenziali bufale alla gente sui social network?

Secondo me in realtà il numero di persone che crede alle bufale e le condivide sta continuando a diminuire. Due anni fa la situazione era molto più grave, ora le fake news si stanno in un certo senso combattendo da sole. La gente non è più credulona come una volta. Paradossalmente, anzi, proprio l’ondata di notizie false che ha travolto i social network ha provveduto a “vaccinare” gli utenti, ormai si sono creati degli anticorpi.

Non hanno quindi senso iniziative come quella di Facebook?

Dipende da come è organizzata. Se coinvolge il giudizio dei lettori stessi a mio parere non ha granché senso, proprio perché ciascuno vede la realtà che gli fa comodo. Tanti provvederebbero a segnalare ad esempio post di pagine politiche e la cosa sfuggirebbe di mano: Facebook stesso potrebbe finire per essere accusato di modificare la realtà.

Quindi le bufale e i “bufalari” si estingueranno da soli?

Scompariranno dalla scena quando la gente imparerà a dubitare di quello che legge, senza fidarsi ciecamente di tutto. L’unica soluzione che vedo è l’educazione degli utenti. Non può esserlo per certo la proposta di legge Gambaro che vuole punire i produttori di fake news con ammende fino a 10mila euro e due anni di carcere. In questa maniera si crea una situazione in cui la gente potrebbe evitare di esporsi per sfuggire a ritorsioni. Chi produce le bufale è in realtà facilmente individuabile, non c’è decisamente ragione di un’azione di una portata del genere: è come dare la chemio a un malato di morbillo. E soprattutto è una reazione a scoppio ritardato, visto che ormai il momento peggiore sembra essere passato.

Si guadagna ancora con le bufale?

Io non l’ho mai fatto, anche perché le mie bufale sono sempre state create a scopo dimostrativo. Come ho detto prima, il numero complessivo di bufale è in diminuzione, ma i creatori hanno deciso di dedicarsi soprattutto al tema dell’immigrazione, che è di attualità e su cui è facile creare delle pseudonotizie virali. Ogni passaggio sul sito genera introiti pubblicitari, quindi più la notizia viene condivisa e cliccata più gli autori guadagnano. Le pubblicità viaggiano su AdSense di Google, perciò non è possibile avere tracce di che tipo di siti riescono a guadagnare grazie alle inserzioni. Al di là dei soldi, la creazione di fake news che distorcono l’immagine che la gente ha degli immigrati è l’unico danno serio che stanno provocando i bufalari.

Qual è l’effetto delle bufale sulla politica?

Sicuramente in futuro per i politici sarà più difficile costruirsi un’immagine pubblica comunicando soprattutto via web, come hanno fatto in passato personaggi come Matteo Salvini e Donald Trump. Questo perché internet finirà per non essere più credibile. Tuttavia, il fatto che abbiano fatto sì che ora la post-verità sia un argomento al centro dell’attenzione è un buon effetto collaterale.

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