Torino contro l’odio. Una manifestazione sotto il Municipio per opporsi contro i recenti fenomeni di antisemitismo e razzismo che si sono verificati nelle scorse settimane. L’evento è stato fortemente voluto dalla Sindaca Chiara Appendino e da tutto il Consiglio comunale che ha votato all’unanimità per lo svolgimento dell’iniziativa. Nell’appello rivolto alla città è stata richiesta la mobilitazione di tutti i cittadini e i corpi sociali. A rispondere con la propria presenza anche Dario Disegni, presidente della Comunità Ebraica di Torino.
Presidente, perché sono importanti manifestazioni come quella di stasera?
È importante che tuta la società senza distinzione dica un “no” fermo al risorgere dell’antisemitismo e di ogni forma di razzismo e intolleranza. Tutta la società deve reagire e opporsi a questi fenomeni che non sono un problema solo degli ebrei ma di tutti. Eventi di questo genere sono indicatori di uno stato di malessere di tutta la democrazia, e la società deve trovare la forza di generare gli anticorpi per impedire la diffusione di questi fenomeni. Quello che va rimarcato è il fatto che Torino scende in piazza per ribadire il suo carattere di città democratica e antifascista.
Crede che gli episodi di odio siano aumentati rispetto al passato?
Direi di sì. Sono aumentati perché con tristezza dobbiamo ammettere che nell’ultimo periodo è aumentato il clima di odio e intolleranza verso i diversi. Questo è ciò che capita nei momenti di crisi e la scorciatoia spesso in queste situazioni è cercare di additare un capro espiatorio su cui scaricare le responsabilità. Gli ebrei nel corso dei secoli sono sempre stati il capro espiatorio per eccellenza di tutti i mali della società. Questi sentimenti di odio stanno tornando, anche perché negli ultimi anni lo sviluppo della rete ha portato con sé un dilagare di post velenosi, spesso protetti dall’anonimato: questo è molto pericoloso.
Torino è stata sfondo di molti episodi di razzismo, c’è un emergenza razzismo in città?
Quello che è successo a Torino non è molto diverso da ciò che è accaduto in altre città italiane, come Roma o Pomezia. C’è un clima d’intolleranza diffuso in tutto il Paese. Da un lato non dobbiamo sottovalutare questi episodi, non sono goliardate e bisogna essere molto vigili. Dall’altro lato però, non bisognerebbe amplificarne troppo l’eco mediatica, perché è questo che vogliono le persone che compiono questi gesti vigliacchi, nella speranza che qualcuno li segua. È quello che è successo a Mondovì e Torino.
Come si combattono gli atteggiamenti razzisti?
Questi episodi saranno puniti secondo le norme della legislazione vigente che prevede anche l’aggravante dell’istigazione all’odio razziale. Ma le armi più forti che abbiamo in mano sono quelle dell’educazione e della cultura: bisogna svolgere un’incessante azione educativa, cominciando dalle scuole. Lo studio della storia e dell’educazione civica devono essere fondanti nella formazione delle giovani generazioni. Così come credo che tutte le realtà culturali debbano parlare con diversi linguaggi per vincere il razzismo. Dai media, ai giornali, alle associazioni sportive o teatrali, tutte possono contribuire al contrasto delle discriminazioni.
Anche il web e i social?
Certamente. Il web però andrebbe regolamentato. Non per limitare la libertà di espressione, ma per evitare il dilagare di posizioni che comportano veri e propri reati. Anche sul web occorrerà fissare un sistema di regole, perché c’è un limite che non può essere oltrepassato.