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“Il tram non basta più, vogliamo la Metropolitana”: Barriera di Milano si ribella

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Il tram non basta più. Il 4 non è sufficiente per la mobilità: Barriera di Milano vuole la seconda linea della Metropolitana di Torino e vuole che il primo lotto funzionale parta da piazza Rebaudengo e dall’ospedale San Giovanni Bosco. Lo dimostra una mobilitazione spontanea, slegata dai partiti politici e nata nel quartiere che ha portato a una petizione da 500 firme in discussione il prossimo venerdì 1° dicembre a Palazzo di Città nel Consiglio Comunale.

Tutto è partito da Gianna e due sue amiche, tre signore 70enni che frequentano il CentroDonna di Cascina Marchesa in corso Vercelli 141, dove giovedì 9 novembre si è tenuta un’assemblea tematica organizzata dal Partito Democratico chiamata “Verso la linea 2 della Metropolitana: un asse di sviluppo per la zona Nord”. Alla fine dell’incontro Gianna ha letto il testo della petizione contro il degrado della zona e ha ottenuto l’applauso dei 200 presenti, molti dei quali all’oscuro della sua iniziativa proprio perché apolitica.

La signora, che è arrivata a Torino 50 anni fa dalla Sicilia e da allora vive nel quartiere, ci tiene a specificare questo aspetto e racconta a Futura cosa l’ha spinta a mobilitarsi: “Abbiamo raccolto le firme non solo per la Metropolitana. In corso Vercelli e in corso Giulio Cesare ci sono tanti negozi chiusi, sporcizia, marciapiedi rotti. Poi in via Monteverdi c’è l’ex palazzo delle Poste occupato da un accampamento nomade e fino a poco fa c’era il suk”.

Gianna spiega il percorso fatto per arrivare alla petizione, iniziato a dicembre 2016 con un’audizione in Comune da Chiara Appendino per denunciare la situazione generale del quartiere in cui la candidata eletta sindaco del Movimento 5 Stelle aveva raccolto il 62,83% dei voti al ballottaggio del 19 giugno 2016. “Le avevo chiesto di rimuovere il suk e avevo parlato anche della linea 2 della Metro, ma mi aveva risposto che per farla ci sarebbero voluti grandi investimenti e non sapevano dove trovarli. Aveva aggiunto che si sarebbe interessata anche del Palazzo”, ricorda la torinese d’azione.

E continua: “Leggendo le notizie sui giornali riguardo il rischio di perdere il finanziamento del Governo da 10 milioni di euro per il progetto, ho deciso insieme alle mie amiche di andare a chiedere la firma per la petizione ai proprietari dei negozi e ai loro clienti. Abbiamo parlato con comuni cittadini, tra cui alcuni delusi dalla Giunta Appendino, e siamo arrivati a quota 500 depositando la petizione il 26 luglio”. Ma Gianna sottolinea: “Avrei fatto questa battaglia per lo sviluppo, non una battaglia politica, anche se fosse stato confermato sindaco Piero Fassino”.

Dopo mesi in cui la petizione “ha dormito nei cassetti del Comune – racconta Gianna – un impiegato ce l’ha indirizzata correttamente all’Ufficio per i Rapporti con i Cittadini, mentre noi l’avevamo mandata all’Ufficio Relazioni Pubbliche. E ora avremo diritto di tribuna in Sala Rossa, dove potranno entrare solo 12 di noi”.

L’obiettivo dei firmatari è quello di ottenere il via al progetto preliminare già presentato dalla scorsa amministrazione comunale, senza che la nuova Giunta modifichi il percorso affidato a Systra Italia (l’azienda che ha vinto la gara d’appalto, su cui però pende un ricorso al Tar). L’intenzione del sindaco sarebbe porre il primo lotto funzionale a Porta Susa, mentre i cittadini di Barriera lottano perché la metro parta da Rebaudengo: il tutto deve arrivare entro fine anno, scadenza posta secondo il decreto Sblocca Italia del Ministero dei Trasporti.

Se la presentazione della petizione in Comune non avrà successo, certamente Gianna non si perderà d’animo: “Noi continueremo a lottare, perché è l’unica possibilità che il quartiere cambi. Ieri ho incontrato un’altra signora che aveva provato a fare una sua raccolta firme e tante persone che mi hanno detto di essere all’oscuro della mia iniziativa, ma avevano l’ansia di non perdere i 10 milioni”. E conclude annunciando: “A Palazzo di Città ci sarà molta gente fuori, più di 12 persone e sono pronta a far partire un’altra petizione, magari superando le 1000 firme”.

ARMANDO TORRO