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Il teatro come modello per la prevenzione al suicidio giovanile

In una stanza dello Spazio Bac, Barolo Arti con le Comunità di Torino, un applauso interminabile chiude l’evento di presentazione del progetto Spes – Sostenere e prevenire esperienze di suicidalità. L’interesse verso questo argomento, forse ancora tabù, ha portato molti a partecipare, tanto da sedersi per terra pur di essere presenti. Il progetto vede coinvolti cinque dipartimenti dell’Università di Torino e diversi partner esterni. Tra loro, Sinpia (Società Italiana di Neuropsichiatria Infantile sezione Piemonte) e USR (Ufficio Scolastico Regionale per il Piemonte). Il focus è sui giovani, che negli ultimi anni manifestano sempre più segni di disagio. Negli Stati Uniti la salute mentale di bambini e adolescenti è stata dichiarata emergenza nazionale. Ma questo potrebbe valere anche per l’Italia, dove il suicidio è la seconda causa di morte tra i 15 e i 24 anni. 

“La pandemia ha reso le cose più complicate – sottolinea Chiara Davico, ricercatrice del dipartimento di Scienze Pediatriche e responsabile del progetto –. C’è stato un aumento di ansia, depressione e disturbi alimentari”. Al Pronto soccorso dell’ospedale pediatrico Regina Margherita di Torino si registra il doppio degli accessi per motivi psichiatrici rispetto al pre-pandemia. Dal 2018 al 2021, i tentativi di suicidio sono aumentati del 300%. I ragazzi ricoverati per questo motivo rappresentano il 40% dei pazienti del reparto di Neuropsichiatria infantile. È evidente la necessità di sensibilizzare i genitori, i professori e tutti gli adulti che vivono a contatto con gli adolescenti. È essenziale imparare a riconoscere i segnali. 

Il progetto mira a creare un modello di intervento basato sul teatro. Alessandra Rossi Ghiglione – direttrice dello Spazio Bac e del Social and Community Theatre Centre – definisce il teatro come “l’arte attraverso la quale sono state messe in scena le grandi esperienze profonde che abitano la vita”. Il percorso di formazione si divide in due parti. Innanzitutto, il teatro viene vissuto come spettacolo. Poi, vengono insegnate le life skills per riconoscere i segni di fragilità negli adolescenti. 

Con la regia di Alessandra Rossi Ghiglione, Elisa Denti e Fabrizio Stasia hanno portato in scena il divario generazionale. “Negli anni ‘90 eravamo disperati, ma insieme. Non eravamo soli”, recitano. Oggi, invece, i giovani chiudono il mondo fuori dalla propria stanza. Credono di non avere nessuno a cui potersi affidare. Raccontando la tematica con lo sguardo degli adulti, lo spettacolo sottolinea l’importanza di vivere attraverso gli ostacoli. Con queste parole si chiude il sipario:

“La vita va mangiata! Camminata! Pianta! Baciata! Presa a pugni!”.

Di seguito i video delle interviste a Chiara Davico e Alessandra Rossi Ghiglione.

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