Le tende sono piazzate, le porte d’ingresso sprangate. Oggi niente lezioni: Palazzo Nuovo è occupato dagli studenti. Sono più di cinquanta quelli che hanno dormito qui, mentre altri colleghi hanno passato la notte al dipartimento di Fisica di via Pietro Giuria e al Politecnico. Dalla Columbia ad Amsterdam, dalla Sapienza all’Alma Mater di Bologna, la sollevazione pro Palestina dilaga anche negli atenei torinesi. È l’Intifada studentesca, che chiede un cessate il fuoco immediato e “che le università rescindano ogni accordo con le istituzioni israeliane e con le aziende belliche ed ecocide”.
Quanto durerà? “È una discussione aperta” spiegano Alberto, 21 anni e Benedetta, 26. Sono studenti di Culture moderne e comparate e del dipartimento di Culture, Politica e Società e per raccontare la loro esperienza hanno chiesto di rimanere anonimi. Nomi di fantasia. “Perché questa occupazione è un movimento collettivo”. Al punto che le studentesse e gli studenti vorrebbero coinvolgere anche i professori. “Questa mattina qualcuno ha trovato le porte chiuse e ha protestato o sbuffato – raccontano – ma i docenti del Coordinamento antifascista sono sempre stati solidali con noi”.
Un noi di cui si rifiutano le etichette. Ci sono Cambiare rotta, Potere al popolo, Progetto Palestina, Non una di meno, Studenti indipendenti. Movimenti studenteschi con sensibilità diverse, ma non importa: “Non siamo qui come strutture, siamo semplicemente persone accomunate da rivendicazioni collettive a favore della Palestina. Abbiamo studiato, conosciamo le richieste e vogliamo farci sentire – spiega Alberto – A questo punto sarà importante il dialogo con le altre città e Università”. Tra gli eventi organizzati, infatti, vi è anche un dibattito in collegamento con le altre ‘acampade’ all’estero. Giovedì alle 16 arriva Khaled El Qaisi, attivista e studente italo-palestinese. Sabato i manifestanti parteciperanno al corteo cittadino pro Palestina organizzato a 76 anni dalla Nakba, quella che i palestinesi chiamano “la catastrofe”: il grande esodo del 1948.
Durante il giorno, colazioni collettive e pranzi sociali, cineforum, dibattiti, assemblee. In quella di stamattina sono stati decisi i turni di cucina e pulizie. «Sappiamo che la nostra lotta per essere portata avanti ha bisogno di essere strutturata – chiude Benedetta – L’Università è uno spazio nostro, degli studenti, per gli studenti e per il sapere, che riteniamo debba essere problematizzato e decolonizzato». A cominciare da un rifiuto. Nel giorno delle minacce a Liliana Segre e dell’attacco fisico e verbale allo scrittore Stefano Massini, gli studenti precisano: “Noi antisemiti? Io penso che l’antisemitismo sia una piaga da combattere e penso che tutti siano d’accordo qui – chiude Benedetta – Inquinare il discorso pubblico è alla base della propaganda sionista”.