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Il Salone dei record batte la concorrenza ed è il migliore evento di settore in Italia

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I torinesi, punti sul vivo dalla sfida lanciata dagli editori di Milano un mese fa, hanno reagito con orgoglio sabaudo e affetto verso il “Salone internazionale del libro”. Code all’ingresso e folla nei padiglioni per un’edizione da record a Lingotto Fiere. Compiuti trent’anni, il Salone di Torino ha registrato oltre 165mila presenze, contando anche gli eventi “off” in giro per la città: il 20% in più rispetto all’anno scorso. Ottantamila visitatori agli stand e agli incontri con gli autori: 25 eventi tutti esauriti, tra cui quelli con Daniel Pennac, Luis Sepúlveda, Gianni Minà, Richard Ford, Ezio Mauro e le celebrazioni per Stephen King e J.R.R. Tolkien. Non solo torinesi: il 56% dei visitatori è venuto dalla città, ma il 44% da fuori e di questi molti (il 32%) da altre regioni, in testa Lombardia, Lazio e Liguria.

I libri sono stati protagonisti anche sui social. Con oltre 14mila tweet totali postati nei 5 giorni del Salone, i tre hashtag #SalTo30 (ufficiale), #salonedellibro e #SalTo17 sono stati a lungo trending topic su Twitter. Nell’ultimo mese l’account ufficiale @SalonedelLibro ha registrato 2,25 milioni di visualizzazioni, con 25mila visite. Su Facebook nell’ultimo anno ci sono stati 57.772 like in più alla pagina del Salone. Le dirette sono state viste 73.967 volte, raggiungendo 380.466 persone. Su Instagram mille persone al giorno hanno seguito le storie.

“Sarei ipocrita a dire che non mi aspettavo questo successo, certo non in queste proporzioni. Negli ultimi tempi sentivamo montare in città qualcosa di importante – ha dichiarato raggiante il direttore Nicola Lagioia – Quando mi proposero la direzione del Salone, nessuno ci credeva più. Spero che il mio editore, Einaudi, che ha deciso di non venire, alla luce dei fatti cambi idea e torni”.

A Torino non c’erano le grandi case editrici milanesi, spina dorsale dell’Associazione italiana editori (Aie) che tra le polemiche ha divorziato dal Salone lo scorso autunno, annunciando la nascita di “Tempo di libri”, la kermesse parallela che si è svolta alle Fiere di Rho (MI) ad aprile, ospitando meno della metà dei visitatori venuti al Lingotto.

Ad avvantaggiarsi dell’assenza delle big sono state le piccole case editrici, che hanno registrato un incremento del 30% delle vendite agli stand, per un totale di circa 12mila libri acquistati. Le cose sono andate molto bene per Marcos y Marcos e Sellerio (+40%), minimumfax (+35%) e Marsilio (+30%). Alcune case editrici sono state trascinate da panel molto frequentati in cui gli autori presentavano le loro opere: per esempio L’Orma (editore di Annie Ernaux) ha segnato un +70%, mentre La Nave di Teseo ha goduto del successo del libro di Ferruccio De Bortoli. La “Piazza dei libri”, spazio delle librerie indipendenti, ha venduto il 50% in più rispetto al 2016.

Un trionfo di numeri guadagnato con tanto impegno. “Hanno portato le truppe cammellate” commentavano alcuni addetti ai lavori in coda per entrare a un evento. Sono stati distribuiti molti tagliandi scontati e gratuiti, oltre a tantissimi inviti alle scuole, mobilitate nelle giornate di giovedì e venerdì. Molti gli stand istituzionali, sempre pieni di pubblico “interno”, vale a dire il personale dei vari enti (capofila in questo senso Compagnia San Paolo e Ministero della Difesa, che hanno portato pubblico nelle sale degli eventi da loro organizzati).

Resa dei conti all’Aie, dove per la sconfitta nel confronto tra “Tempo di libri” e Salone paga il presidente Federico Motta, che viene sostituito da Ricardo Franco Levi, già sottosegretario della Presidenza del Consiglio all’editoria. «Le rivoluzioni le fa il popolo, che non sempre sa quello che vuole. Me ne vado con le mie idee, ora saranno altri a portare avanti la linea» ha detto Motta, che venerdì scorso si era fatto trovare in sala stampa al Lingotto per incontrare la sindaca Chiara Appendino, il presidente della regione Sergio Chiamparino e quello del Salone Massimo Bray, rilasciando dichiarazioni concilianti, che non l’hanno salvato dalla fronda interna: «Sono dispiaciuto per il comportamento dei colleghi – ha continuato – che hanno preso una decisione emotiva sull’onda della campagna stampa con al centro una fantomatica “guerra del libro”».

Motta si è difeso dicendo che «il Salone ha ottenuto un fiume di denaro pubblico sotto forma di finanziamenti e di partecipazione con stand. Si è voluto privilegiare Torino per tradizione e organizzazione, ma forse c’è stata anche la volontà di non fare un favore agli editori. Auguro al mio successore un buon lavoro per l’editoria e di imparare presto come funziona l’Aie».

Ricardo Levi mantiene un basso profilo: «Questa candidatura mi fa piacere e credo possa saldare le fratture. Bisogna rimettere al centro il tema del libro, perché non è possibile che in Italia legga solo una persona su tre».

E adesso cosa succederà? «“Tempo di libri” non si discute – ha confermato Levi – ma rifletteremo su calendario e luogo, elementi che hanno frenato le potenzialità di questo evento». Torino intanto è già andata oltre, comunicando le date dell’edizione 2018 che si terrà dal 10 al 14 maggio. Lo ha rivelato Lagioia nella conferenza stampa finale: «È bastato uno sguardo con Appendino, Bray e Chiamparino: il Salone non si sposta, stesso mese e stessa formula, cioè stand editoriali più laboratorio culturale».

Attesa la risposta di Milano, che potrebbe virare sull’autunno, troppo vicino però a “Più libri più liberi”, l’evento di Aie dedicato ai piccoli editori in programma a Roma a dicembre.

DAVID TRANGONI