Lo scorso sabato, 21 marzo, il presidente Alberto Cirio ha emanato una nuova ordinanza, in conformità con la regione Lombardia, visti anche i criteri di vicinanza geografica, con misure più restrittive rispetto a quelle del Governo nazionale. “Chiudiamo tutto quello che è possibile chiudere in base ai poteri di cui dispongono le Regioni. Questa è la più grande emergenza affrontata dal Dopoguerra ad oggi. Sappiamo che stiamo chiedendo un grande sforzo a ogni cittadino, ma vi prego di comprendere che è la scelta giusta. La nostra libertà è un bene, ma la nostra vita lo è di più. Vi prego, proteggetela restando a casa” ha dichiarato Cirio.
La decisione è stata condivisa con i sindaci dei comuni capoluogo, i presidenti delle Province e i rappresentanti di Anci, Anpci, Upi, Uncem e Ali (Lagautonomie) e l’ordinanza sarà valida fino al 3 aprile.
Cosa prevede l’ordinanza regionale
Continuano ad essere vietati tutti gli assembramenti di più di due persone nei luoghi pubblici e nei parchi, oltre agli spostamenti verso le seconde case.
I mercati all’aperto potranno continuare a funzionare solo dove i sindaci potranno garantire il contingentamento degli accessi e il mantenimento delle distanze di sicurezza, con il presidio costante dei vigili urbani. Limitato anche l’accesso agli esercizi commerciali ad un solo componente del nucleo familiare, salvo comprovati motivi di assistenza ad altre persone. Inoltre verrà effettuata la rilevazione della temperatura corporea in tutti i supermercati, le farmacie e i luoghi di lavoro possibili.
Dovranno restare chiusi uffici pubblici e studi professionali, fatta salva l’erogazione dei servizi essenziali ed indifferibili (oltre alla possibilità di attuare lo smart working). Bloccati anche i cantieri che non hanno un interesse strategico.
Restano invece aperte le edicole, le farmacie, le parafarmacie e i tabaccai (dove dovrà essere in ogni caso garantita la distanza di sicurezza interpersonale di un metro).
Il Dpcm del 22 marzo 2020
Domenica, 22 marzo, il premier Conte ha annunciato nuove misure di contenimento del virus che predispongono la limitazione, su tutto il territorio nazionale, delle attività produttive “non necessarie”. Come specificato nel testo del decreto: “Sono consentite le attività di produzione, trasporto, commercializzazione e consegna di farmaci, tecnologia sanitaria e dispositivi medico-chirurgici nonché di prodotti agricoli e alimentari. Resta consentita ogni attività comunque funzionale a fronteggiare l’emergenza. Sono consentite inoltre le attività degli impianti a ciclo produttivo continuo, previa comunicazione al Prefetto della provincia dove è stanziata l’attività produttiva, dalla cui interruzione derivi un grave pregiudizio all’impianto stesso o un pericolo di incidenti. Il Prefetto può sospendere le attività ritenendo che non sussistano le condizioni”.
Le reazioni in Piemonte non si sono fatte attendere. Sono molti i lavoratori che hanno deciso di fermarsi e scioperare come reso noto dalla Fiom di Torino. Oltre il 90% dei dipendenti degli stabilimenti Avio Aero di Rivalta e di Borgaretto ha deciso di aderire. In questi giorni l’attività in azienda degli stabilimenti torinesi di Leonardo è quasi completamente sospesa per effetto di precedenti accordi sindacali. L’intero comparto dell’aerospazio è stato infatti autorizzato dal Decreto a proseguire le attività – per ragioni puramente economiche – nonostante le imprese di quel comparto svolgano attività in larga parte non essenziali. Questa mattina hanno scioperato anche i lavoratori della Alessio Tubi e della Officine Vica, con adesioni altissime – sottolinea la Fiom – per protestare contro le decisioni aziendali di proseguire normalmente l’attività su produzioni che non sono essenziali. La Alcar e la Brugnago hanno deciso di sospendere le attività dopo la dichiarazione di sciopero della Rsu.
“Gli scioperi – commenta Edi Lazzi, segretario generale della Fiom Cgil di Torino – si inseriscono nel quadro della mobilitazione nazionale unitaria per ottenere modifiche al decreto e all’elenco dei codici Ateco contenuti nell’allegato 1 al DPCM del 22 marzo 2020 che – cedendo alle pressioni di Confindustria – ha allargato i comparti e le produzioni “essenziali” ben oltre il perimetro accettabile, continuando inutilmente ad esporre quei lavoratori al rischio di contagio. È da più di 10 giorni che sosteniamo la necessità di una sospensione produttiva per tutte le attività considerate non essenziali, bisogna farlo anche per fermare l’epidemia ed evitare in questo modo di congestionare gli ospedali”.
Il bollettino dei contagi
Salgono a 4.861 le persone finora risultate positive al Coronavirus in Piemonte, 2194 i ricoverati in ospedale di cui 343 in terapia intensiva. Sono 1.992 le persone in isolamento domiciliare. I tamponi diagnostici finora eseguiti sono 13.560, di cui 8.220 risultati negativi. 15 i decessi e tre nuove guarigioni, tra cui il presidente della regione Alberto Cirio, che lo ha comunicato sulla sua pagina Facebook.