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Il percorso di Umberto Marengo, un ciclista che sogna il suo primo Giro

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Il 9 maggio 2020 Umberto Marengo sperava di trovarsi a Budapest. Non per un viaggio di piacere in riva al Danubio, ma perché da lì doveva partire il Giro d’Italia. L’emergenza sanitaria globale ha cancellato ogni programma e messo in pausa qualunque aspirazione, ma non ha abbattuto lo spirito di Marengo. È arrivato al ciclismo professionistico relativamente tardi, a 26 anni, affrontare le difficoltà non lo spaventa. Nelle scorse settimane la Rai gli ha dedicato più di un servizio televisivo. Durante la quarantena si è offerto per fare consegne a domicilio gratis a Collegno, la città alle porte di Torino in cui vive: un modo per non restare senza bici e rendersi utile per la comunità, con la possibilità di vedere con i propri occhi come le persone hanno reagito alle limitazioni. Pochi giorni fa, l’Unione Ciclistica Internazionale ha pubblicato un nuovo calendario che condensa in tre mesi, dal 1° agosto all’8 novembre prossimi, tutte le principali corse della stagione. Nella speranza che la diffusione del Covid-19 rallenti e si possa tornare alle corse.

Umberto Marengo in partenza per le consegne durante la quarantena

Se non ci fosse stata la pandemia oggi sarebbe stato alla partenza del Giro d’Italia?
La speranza era quella, ma a febbraio non sapevamo ancora chi avrebbe corso. In generale in questi mesi ho cercato di non pensare tanto a quello che mi stavo perdendo. Ho tentato di restare concentrato su quello che stavo vivendo e su quello che stavo facendo.

Commenti del gruppo sul nuovo calendario? Il Giro è in concomitanza con tre classiche monumento e le prime tappe della Vuelta.
Non ne abbiamo ancora parlato molto, è uscito solo pochi giorni fa. Bisogna vedere come evolverà la situazione nel prossimo mese. Con questo calendario un po’ tutte le corse sono sacrificate. Certo per il Giro non è il massimo così, ma il momento è critico. Sarebbe già tanto se si corresse.

Ha corso qualche tappa del Giro Virtual?
Io non sono un amante dei rulli, e non ne ho a disposizione di così moderni da poter partecipare. Mi sono allenato per conto mio. I miei compagni che hanno partecipato mi hanno detto che ci si stanca parecchio. Anche in una corsa virtuale se si è in gara si va a tutta.

Lunedì scorso come ha ripreso gli allenamenti in strada?
Ho fatto un giro a Givoletto e La Cassa, sopra Torino. Sul tragitto ho incontrato i miei amici con cui mi alleno, ma dobbiamo mantenere tra di noi una distanza di una ventina di metri quindi non si riesce a parlare. È quasi come uscire da soli. In questi giorni la cosa più importante è riprendere a fare le ore, riabituarsi a stare a lungo in bicicletta e recuperare la nostra routine. Anche chi passava molto tempo sui rulli in questi due mesi alla prima uscita si è sentito un po’ strano.

Lei però nelle scorse settimane è sempre uscito in bicicletta, come le è venuta l’idea delle consegne?
Mi interessava rendermi un po’ utile e tenermi in forma. Con il permesso della mia squadra, la Vini Zabù – Ktm, e del sindaco di Collegno ho avuto la possibilità di fare almeno una cinquantina di chilometri ogni pomeriggio. Ho potuto vedere senza filtri come le persone vivevano l’emergenza. C’era chi mi accoglieva quasi come se niente fosse, senza mascherine né guanti. E c’era chi invece chiedeva di mandare su il pacco con l’ascensore, come se ci si fosse un pericolo solo a vedere qualcun altro. Mi ha colpito parecchio. Così come vedere corso Francia completamente deserto.

Che effetto le ha fatto sentire tanto parlare di lei?
Mi ha fatto piacere che abbia fatto notizia, è stato un modo per mostrare che noi ciclisti non siamo solo quelli che rompono le scatole per strada. In realtà io sono una persona che fa le cose per i fatti suoi, nel silenzio. Non mi interessa più di tanto far sapere agli altri che cosa sto facendo, non pubblico mai niente sui social ad esempio. E c’è chi me lo fa notare.

Ci racconta com’è stato il suo percorso verso il professionismo?
Ho iniziato a correre in bici all’età di otto anni e diventare professionista è sempre stato il mio sogno. Da dilettante non sono però mai riuscito a eccellere, fino al 2017-2018. Vedevo che andavo bene, ma avevo già 25-26 anni e temevo che nessuno mi avrebbe più dato un’occasione. Invece è poi arrivata la chiamata di Angelo Citracca e Luca Scinto per entrare a far parte della Neri Sottoli.

Se dovesse descrivere le sue caratteristiche da ciclista?
Sono abbastanza completo, riesco a cavarmela in situazioni diverse. Ho buona velocità allo sprint, all’arrivo in gruppo ristretto posso fare il mio. Questo ad esempio mi ha permesso di vincere la mia prima tappa da professionista al Tour of Utah l’anno scorso. Non sono troppo pesante e questo mi ha aiutato a crescere in salita. Lì però vorrei migliorare per essere competitivo nelle corse più dure.

Se si corresse il Giro ha individuato una o più tappe nelle sue corde?
Per mia abitudine non sono di quelli che studia i percorsi mesi prima, sono più tranquillo così. Con il Giro poi subentra anche un po’ di scaramanzia. Vediamo come evolve la situazione.

Quali sono i suoi obiettivi per il futuro? Ci sono delle corse in particolare in cui vorrebbe mettersi in luce?
Il primo obiettivo è riuscire a confermarmi come professionista nel 2021. In generale andar forte, essere utile per la squadra e il nostro capitano Giovanni Visconti. Uno dei miei sogni è sempre stato fare bene alla Milano-Sanremo. L’anno scorso l’ho fatta e sono riuscito a staccarmi con i primi sul Poggio, l’ultima salita. Mi sono detto che mi piacerebbe ritrovarmi nella stessa condizione con un po’ di esperienza in più.

LUCA PARENA

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