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Dalla fiducia al leader al compromesso necessario: il modello tedesco secondo i giovani attivisti

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Cresciuti nell’epoca del berlusconismo e dell’anti-berlusconismo, del centro-sinistra e del centro-destra, di coalizioni rinforzate da leggi che assegnavano un bonus di seggi a chi otteneva più voti, i giovani attivisti potrebbero assistere al ritorno del sistema elettorale simile a quello che ha dettato le regole della Prima Repubblica. In questi giorni i partiti di maggioranza sono impegnati in una trattativa sul proporzionale con sbarramento al 5 per cento, il cosiddetto modello tedesco.
Gianmarco Nicita, 23 anni, studente di architettura, è il segretario torinese dei Giovani Democratici, l’organizzazione degli attivisti dem sotto i 30 anni. Fa parte del gruppo che ha sostenuto la mozione Renzi, ma è d’accordo sul “40 per cento” della legge proporzionale.
“Il Pd nasce con una vocazione maggioritaria, quindi il proporzionale non riscuote un ampio successo tra i democratici”. Il segretario dei GD preferirebbe il Rosatellum o un ritorno al Mattarellum, anche se “il modello tedesco può incentivare la governabilità riducendo il numero dei partitini. Renzi ha risposto alla richiesta del presidente della Repubblica di rendere omogenei i sistemi elettorali delle Camere. Tendere la mano ai partiti di maggioranza è stato un gesto di responsabilità”. Come tutti i ragazzi di sinistra, anche Gianmarco si è formato nel clima dell’antiberlusconismo. “La prospettiva che il Pd scriva le leggi con Berlusconi mi non mi entusiasma. Ma, se Mattarella lo vorrà, Renzi dovrà formare un governo con Forza Italia”. A proposito di responsabilità, sembra che il segretario del Pd voglia votare a settembre o a ottobre, quando il Parlamento dovrà approvare la legge di stabilità. “Non sarà Renzi ma Alfano a far cadere il governo, ammesso che Mattarella sciolga le Camere. Personalmente credo che sia meglio far passare i mesi che ci separano dalla scadenza naturale della legislatura”.
Alain Bellati, 24 anni, consulente di azienda, è membro del coordinamento cittadino torinese di Forza Italia Giovani. Un’alleanza post voto tra Berlusconi e Renzi sarebbe una mossa “che noi ragazzi non comprenderemmo a pieno ma che rispetteremmo, come sempre ci è capitato di fare con gli ideali e le decisioni del partito”. Alle grandi intese, però, preferisce un centrodestra unito sul modello Chivasso, dove la Lega sostiene il candidato di Forza Italia: “Una bella coalizione e un’esperienza positiva che può essere ripetuta anche a Torino con liste civiche e formazioni della stessa area. Forza Italia è in ascesa grazie a una presenza ostinata sul territorio. Con Salvini e Meloni abbiamo tante cose in comune”. Ecco perché l’abbandono del bipolarismo e del presidenzialismo, due cavalli di battaglia di Berlusconi quando era al governo, non lo preoccupa. “Il centrodestra unito può vincere anche con il proporzionale”. E poi “per noi ragazzi Berlusconi è sempre stato un maestro. Ci fidiamo di lui e delle sue scelte”.
“L’obiettivo è governare da soli”, spiega Valerio Antonelli, classe 1993, studente e attivista Cinque Stelle. E se non raggiungerete la maggioranza? “Allora presenteremo il nostro programma per capire chi è dentro e chi è fuori”. Una proposta che difficilmente gli altri partiti potrebbero accettare. Antonelli è più realista quando dice che l’obiettivo è “rendere evidente la separazione tra vecchia e nuova politica”, anche se questo significa cedere il governo a un’alleanza Berlusconi-Renzi. “A noi il proporzionale non piace”, continua, “ma è necessario partire da una base condivisibile da tutte le forze coinvolte nella trattativa”. Sicuramente non sono nelle corde dell’M5s le mini-liste dalle quali saranno pescati la metà dei parlamentari: “Non è un mistero che il Pd le voglia, almeno sono più corte delle liste del Porcellum”. Obiettivo è il voto a settembre, “per scrivere una legge di bilancio decente e dialogare con il vincitore delle elezioni in Germania. Quella di un referendum sull’euro è una delle proposte che animano la discussione nel Movimento. Abbiamo bisogno di rinegoziare i trattati e rendere l’Europa più democratica. Ecco perché vogliamo governare”.

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