Il progetto di riqualificazione del Parco del Meisino, portato avanti con 11.5 milioni di euro del Pnrr dal comune di Torino, continua a essere contestato da alcuni cittadini torinesi, che si sono appellati alla magistratura per bloccare il tutto. La prima udienza, svoltasi martedì 11 febbraio, si è risolta con un nulla di fatto nel pratico, venendo rimandata al 18 marzo, mentre i lavori nel Parco procedono indisturbati. “Ci siamo dovuti appellare al diritto alla salute – spiega Elena Sargiotto, membro del Comitato Salviamo il Meisino – perché per la questione ambientale ci saremmo dovuti rivolgere al Tar con minore speranza di essere ascoltati e tempi molto più lunghi. Ora hanno rimandato l’udienza, ma noi continueremo a insistere”.
Fuori da Palazzo di Giustizia in corso Vittorio Emanuele II si è radunato rumoroso corteo di sostegno agli 11 membri del comitato, che si sono presentati in aula di tribunale. Con striscioni, musica e megafoni si è fatto sentire per tutta la durata dell’udienza, urlando lo slogan “giù le mani dal Meisino”.
Roberto Accornero, attore e doppiatore di Ivrea e membro anch’egli del Comitato, spiega le dinamiche dei lavori e i motivi che hanno suscitato le proteste. “L’area trattata dai lavori è un’area a protezione speciale – spiega Accornero -. I soldi del Pnrr sono destinati a bonificare un’area con finalità sportiva e per questo motivo, è stato detto che il Meisino è un’area a vocazione sportiva solo perché una volta c’era una struttura militare”.
“I denari del Pnrr hanno una scadenza e costringono il Comune ad agire in fretta e ad aprire un progetto di sovrapposizione di strutture sportive leggere a un’area che si era invece naturalizzata. Nonostante a opera finita ci sarà solo un 10% di suolo occupato, tutti i lavori interesseranno l’87% del suolo del parco, su loro stessa ammissione”.
“Le loro operazioni hanno fatto scappare già diverse specie di animali che non avevano nemmeno censito: una grave omissione! L’ente parco dichiara che i sopralluoghi per i lavori non sono stati sufficienti e su un’area limitata del parco, perché non c’era tempo. Non è stato fatto nessun censimento, nonostante fosse obbligatorio”.
“La chiamano riqualificazione e riforestazione – conclude infine Accornero -, ma tagliano alberi sani per fare passerelle. Hanno un approccio cantieristico e non curante dell’ambiente in questo progetto. Le linee guida mondiali dicono di conservare gli alberi sani: è inutile piantarne di nuovi per compensare, perché fanno difficoltà ad attecchire e crescere. La Nature Restoration Law, legge europea in vigore da pochi mesi, dice che bisogna mantenere la copertura arborea preesistente. Per compensare il taglio di una quercia antica, bisognerebbe piantarne 3000 da vivaio e aspettare anni che riescano a fare lo stesso lavoro ecosistemico”.