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Il Centro Palatino, un inutile gigante di lamiera

di Giuseppe Giordano e Romolo Tosiani

Il mercato più famoso di Torino è un enorme ottagono con un lato debole. Il Centro Palatino è una struttura quasi in disuso, firmata dall’architetto Massimiliano Fuksas e presentato alla città nel marzo del 2011. Oggi vive in un paesaggio di desolazione. Buona parte di quello che dovrebbe essere il mercato coperto dell’abbigliamento è inutilizzato, i commercianti scappano per i costi eccessivi e la tragica mancanza di clienti. Sopravvivono pochi negozi che svendono tutto, molti sono in liquidazione. Le ghiacciaie seicentesche che risaltano grazie alla particolare disposizione delle passerelle, sembrano un sinistro avvertimento, qui tutto è immobile. Scavalcando un paio di recinzioni non custodite si arriva alla sommità della struttura, si spalanca una vista irripetibile su Porta Pila. Senza rendersene conto ci si ritrova in un ristorante Roadhouse abbandonato allo scorrere del tempo. Tutto è cristallizzato, le cucine, gli spogliatoi per il personale e le docce sono immerse in uno scenario surreale.

Il nuovo palazzo ha sostituito il Padiglione III, il vecchio mercato dell’abbigliamento. La fatiscente e inadeguata struttura in amianto costruita nei primi anni sessanta del Novecento è demolita nel 1997. Istituita una gara d’appalto pubblica e internazionale per la progettazione del nuovo impianto, la costruzione dell’opera è affidata allo studio di Massimiliano e Doriana Fuksas. Dopo 13 anni di lavori e polemiche, la consegna era prevista nel 1999, le bancarelle si spostano in Corso Giulio Cesare e il centro commerciale apre senza commercianti. La struttura è imponente, con quasi 7.000 metri quadri a disposizione. I numeri non smentiscono e aumentano l’impressione di vuoto cosmico. Dei 34 negozi costruiti, solo 22 sono stati inaugurati e molti negozianti hanno chiesto il recesso, non riuscendo a far fronte alle spese di gestione.

La terrazza del Roadhouse in disuso

Il Centro Palatino ha ricevuto molte critiche, sia estetiche che politiche, fino alla polemica che lo stesso Fuksas ha favorito, non presentandosi all’inaugurazione e chiedendo di non utilizzare il nome PalaFuksas. La rivista specialistica Artribune non lasciava molte speranze con un articolo sprezzante, pubblicato proprio nel periodo dell’inaugurazione: «Il risultato è una sorta di moloch non terminato».

Il peggioramento di Porta Palazzo è denunciato da quasi tutti i negozianti, che tra discorsi di cortesia e trattative rivelano un profondo pessimismo sul futuro del bazar più grande d’Europa. Le linee dell’architetto romano si confondono nella folla del mercato, ma conducono verso prospettive cupe.