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Reem Khalifa: “In Bahrein è scoppiata la rivolta contro Re Hamad”

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Cinque morti e oltre 300 arresti. Martedì 23 maggio nel villaggio di Diraz, sull’isola del Bahrein, un blitz della polizia ha fatto divampare gli scontri tra la popolazione sciita e le forze governative del re sunnita Hamad. All’origine di tutto, il sostegno dei manifestanti all’Ayatollah Sheik Isa Qassim. Una sentenza ha condannato l’alta figura religiosa per aver riciclato il denaro proveniente dai contributi religiosi. Secondo l’opposizione però, la causa sarebbe un’altra. Qassim è accusato di “servire interessi stranieri” e “promuovere le violenza”. Il riferimento è ai presunti rapporti intrattenuti con l’Iran, storico nemico sciita della penisola araba (a maggioranza sunnita) e accusato di alimentare la militanza sciita negli stati del Golfo.
Per capire di più ne abbiamo parlato con Reem Khalifa, giornalista bahrenita che lavora per Associated Press, attualmente a Torino per un corso al Campus delle Nazioni unite.
Come si è arrivati al blitz di martedì scorso?
Quello che è successo ha scioccato tutti, ma la gente se lo aspettava perché l’area – dove vivono circa 20mila persone – era sotto assedio da giugno 2016, durante il mese di digiuno del Ramadan. È andato avanti fino a martedì quando c’è stato l’attacco, proprio qualche giorno prima del Ramadan che dovrebbe cominciare il 26 o 27 di maggio della prossima settimana. Le persone chiedono a gran voce la libertà di potersi riunire, la libertà di far sentire la loro voce, la libertà di dire di cosa hanno bisogno. Non si può avere un’economia senza giustizia sociale. Non si può tenere un’area intera sotto controllo e dire “non ascolteremo queste persone perché li abbiamo etichettati, abbiamo il loro identikit/la loro descrizione”. Oggigiorno è facile essere etichettati come terroristi. Chiunque potrebbe essere un terrorista, perfino io. Dire la propria opinione è un crimine. è una punizione. E dottori e giornalisti hanno pagato e stanno ancora pagando per aver espresso la loro opinione.

Due giorni prima del blitz di Diraz c’è stato l’incontro, a Riyad, tra il presidente Trump e il re saudita Salaman. Qualcuno ha parlato di strane coincidenze.
Ci sono troppe analisi e speculazioni, ma come osservatrice della situazione sono abituata a commentare i fatti per quelli che sono. Quando riportavamo quello che stava succedendo a Diraz hanno sospeso il nostro giornale online. Ci hanno detto “perché state parlando di un assedio a Diraz? Non c’è nessun assedio a Diraz”. Dopo il meeting di Riyad tutti hanno detto che il Bahrein è un’isola talmente piccola che a nessuno interessa veramente cosa vi succeda. Sono troppo occupati con i “giganti” del mondo arabo, come l’Egitto, la Siria, il conflitto israelo-palestinese. Poi c’è stato l’attentato di Manchester ed, evidentemente, i loro morti sono più importanti dei nostri.

È ottimista riguardo la recenteelezione di Rouhani alla guida dell’Iran?
Non commento le elezioni in Iran. Sarebbe meglio che lo facessero gli iraniani. Però posso dire una cosa: almeno loro possono votare! (ride) e cambiare le cose. L’Iran è uno stato secolare del Medio Oriente che rispetta gli individui e ciò in cui credono. Questo è molto importante.

È così diverso dal suo Paese?
Il problema del Bahrein risale ai crimini commessi dal regime nel 2011, durante la primavera araba. Ciò che sta accadendo non è diverso da ciò che è accaduto in Argentina, o in Cile ai tempi di Pinochet. Il paragone con l’America Latina è perfetto per raccontare quello che sta accadendo nelle regioni del Golfo: abbiamo denaro, abbiamo risorse, ma non abbiamo un sistema politico adeguato. Vivo in un Paese che revoca la cittadinanza ai propri cittadini con troppa facilità, e questo è contro la legge internazionale. Abbiamo un parlamento debole, che non rappresenta la volontà popolare. Da oltre 10 anni il radicalismo islamico sta crescendo. Ma questa condizione è causata dal linguaggio d’odio usato dai sostenitori del governo sunnita, e dalla stampa filogovernativa. E’ molto difficile lavorare e vivere in un ambiente che non rispetta i diritti umani. Come posso scrivere dei diritti dei lavoratori quando, io in primis, non ho il diritto di farlo come giornalista e come cittadina? Il più grande crimine in Bahrein è essere sciita. Mi fanno ridere quei politici occidentali i quali affermano che il Bahrein ha realizzato le riforme. Ma di quali riforme parlano? Delle infrastrutture e dei grattacieli? del Gran Premio di Formula1 che piace tanto anche a voi italiani?

Questione mediorientale: come vede il passaggio di consegne tra Obama e Trump?
Alla luce di ciò che ha fatto Obama, fa davvero arrabbiare ciò che è accaduto a Riyad. Quello che doveva essere un accordo politico era, in realtà, un accordo commerciale. Quando le questioni relative ai diritti umani vengono snobbate dai potenti mette tristezza. Per quanto riguarda Trump, ho paura che possa far scoppiare una terza guerra mondiale! Scherzi a parte, temo che le sue politiche possano essere devastanti per l’Unione Europea. Non sorprendetevi se ci saranno più rifugiati dalla penisola arabica in futuro. Il più grande errore dei nostri politici riguarda soluzioni che si soffermano solo sul concetto di sicurezza. Ma bisognerebbe andare oltre, con politiche di più ampio respiro che coinvolgano i partiti, i membri delle ong, attivisti, donne e giovani. Sarà interessante vedere cosa faranno attori politici come Podemos in Spagna o il neopresidente Macron in Francia. Ho molte aspettative soprattutto nei confronti di quest’ultimo: un uomo giovane che ha già una grande esperienza, soprattutto in fatto di donne.

Qual è la sua opinione su Nabeel Rajab?
Un pioniere dei diritti umani, non solo in Bahrein. Ha combattuto per persone che avevano credi diversi, è stato dalla parte dei lavoratori e dei migranti. Per aver denunciato crimini di guerra e torture su Twitter, e per aver raccontato ai giornalisti la drammatica situazione in Bahrein, sta scontando 18 anni di carcere in pessime condizioni di salute. Spero che in questo articolo tu possa scrivere molto di Nabeel, bisogna fare il massimo per liberarlo. Mi piacerebbe che il Vaticano, che ha una gigantesca cattedrale in Bahrein e in passato ha invitato il mio paese alla tolleranza, si spendesse in favore di una persona come Nabeel Rajab. Magari potreste far leggere quest’articolo al Papa… chissà.

E sulla guerra nello Yemen? Il Bahrein sta supportando l’Arabia Saudita in questa carneficina.
Non abbiamo il permesso di commentare questa vicenda, è vietato dalla legge. Nabeel Rajab sta pagando anche per questo.

 

PASQUALE MASSIMO

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