Aprile 2015, migliaia di rifugiati siriani arrivavano in Europa per sfuggire alla guerra e al regime di Bashar Al – Assad. Sono passati più di quattro anni dallo scoppio di quella crisi umanitaria: un momento che ha coinciso con l’avvio dei primi programmi e delle prime iniziative messe in campo dall’Università di Torino per rendere l’istruzione aperta e sostenibile a tutti, anche a chi arriva nel nostro paese con un trascorso difficile alle spalle.
L’Ateneo si è preoccupato innanzitutto di rendere più semplici le pratiche burocratiche per gli studenti che avevano lo status di “protezione internazionale”. “Inizialmente potevano iscriversi soltanto “sotto condizione”: l’Università concedeva un po’ di tempo per far sì che queste persone avessero tutti i documenti necessari all’immatricolazione”, spiega la professoressa Simona Taliani, antropologa del Dipartimento di Cultura, Società e Politica dell’Università di Torino, tra le principali referenti dei diversi progetti messi in campo dall’Ateneo per favorire l’accoglienza e l’integrazione degli studenti stranieri.
Ma in diversi casi qualche ragazzo e ragazza, durante la fuga precipitosa dal proprio paese d’origine, non era riuscito a portare con sé alcuni dei titoli fondamentali per accedere all’immatricolazione, come il diploma di scuola secondaria. Per risolvere questo problema, l’Ateneo ha deciso di rendere più snella e semplice l’iscrizione presso gli uffici della Segreteria Studenti Stranieri e di istituire alcune commissioni interne ai Corsi di Laurea con il compito di valutare il profilo del singolo studente anche in assenza di determinati documenti.
Negli ultimi anni l’Università di Torino ha poi avviato una serie di ricerche fondi con alcuni partner – ma anche in maniera autonoma – per poter finanziare e garantire alcuni servizi specifici ed essenziali agli studenti rifugiati e richiedenti asilo. Progetti come UNRESST (UNITO Refugee Students and Scholars Turin), nato per volontà del Dipartimento di Cultura, Società e Politica, e iniziative come UNIT – EDU 2 hanno reso più agevole il percorso di inserimento e di integrazione dei ragazzi nella realtà locale, attraverso servizi di orientamento e supporto.
L’ultimo progetto dell’Università – che è stato avviato in via sperimentale lo scorso giugno – è Pass@Unito. L’iniziativa è stata finanziata dal MIUR ed è nata in collaborazione con l‘Associazione “A Pieno Titolo”, realtà impegnata da anni nel riconoscimento pregresso dei titoli di studio, e dell’Ente Regionale per il Diritto allo Studio EDISU. «Si tratta di un progetto pilota che si è concluso a novembre: ha coinvolto sia studenti che professori. L’obiettivo è stato quello di favorire la presenza e l’integrazione di ragazzi stranieri provenienti da aree economicamente svantaggiate e caratterizzate dalla presenza di modelli educativi, scolastici e sociali diversi da quelli europei», spiega la professoressa Taliani. Ancora non si sa quale sarà il futuro di Pass@Unito: il Senato Accademico dovrà decidere entro la fine dell’anno se rinnovare o meno il progetto.
Ma ad apparire più incerta è la situazione di alcuni studenti, specie dopo l’entrata in vigore – avvenuta nel luglio scorso – del Decreto Sicurezza, un provvedimento fortemente voluto dall’ex ministro dell’Interno Matteo Salvini.
Alcuni ragazzi – regolarmente iscritti all’Ateneo grazie allo status di “protezione internazionale” ottenuto attraverso la “protezione umanitaria” (eliminata dal Decreto) – si sono visti negare il rinnovo del permesso di soggiorno dalla Questura di Torino. «Ci sono almeno due studenti la cui iscrizione è stata sospesa e messa in discussione a causa del provvedimento», racconta Chiara Maugeri, dirigente dell’”Associazione A Pieno Titolo”. Al momento i casi sono pochi e delimitati. Tuttavia rischiano di aumentare se in futuro non verrà presa una decisione comune da parte dell’Università e delle realtà istituzionali del territorio.