A chi non è mai capitato, camminando per strada, di sbirciare dentro un portone aperto? O di immaginare gli interni di uno dei palazzi in stile liberty disseminati per la città? Ad alcune di queste curiosità risponde Open House, che torna per la sua quinta edizione a svelare alcuni degli inesplorati gioielli architettonici nascosti per i quartieri di Torino. Per due giorni, l’11 e il 12 giugno, edifici pubblici e privati apriranno gratuitamente le loro porte ai visitatori, che potranno scegliere di perdersi in una o più delle 120 strutture selezionate dai curatori. Per una metà si tratta di new entry, per l’altra, di ritorni a gran richiesta dalle scorse edizioni. La gratuità delle visite e la libertà di accesso – solo in 12 strutture è richiesta la prenotazione – permette a ciascuno di realizzare il proprio programma ideale. “Tutto dipende da cosa si sceglie di privilegiare – spiega Luca Ballarini, presidente dell’associazione Open House Torino -. Nel 2019 una nostra visitatrice ha visto 13 edifici in due giorni, scegliendo quelli meno famosi e affollati”. Quell’anno l’evento aveva coinvolto 30mila persone, ma ad ogni edizione l’interesse sembra essere in crescita.
Il progetto prende vita a Torino nel 2017, sulle orme di un format già avviato in altre 30 città del mondo, tra cui Roma e Milano. “L’idea nasce proprio dall’infatuazione che io e alcuni amici abbiamo avuto dopo la partecipazione all’edizione di Londra del 2015, – racconta Ballarini – dove erano stati aperti al pubblico oltre 800 edifici.” In breve tempo, contraddicendo gli stereotipi sulla riservatezza dei torinesi, la città è diventata un caso studio mondiale per l’alto numero di privati che ogni anno decidono di mettere a disposizione casa propria. “Molti ci dicevano che serviva del coraggio a iniziare un progetto del genere in una città così chiusa. Eppure le case private nel nostro catalogo sono il 30% del totale, contro una media del 10-15% nelle altre città”. Alcuni dei privati che decidono di partecipare e mettere momentaneamente da parte la propria privacy sono stati, prima che host, dei visitatori nelle precedenti edizioni di Open House. “Molti hanno visto il rispetto che le altre persone hanno nel visitare una casa non propria e decidono di aprire la loro. Un esempio è una coppia di Cenisia, un’architetta e un falegname, che quest’anno permetteranno al pubblico di scoprire il loro Ranch Urbano, che hanno costruito da soli”.
Non solo edifici residenziali, la varietà dell’offerta permette di incontrare gli interessi di tutti. Così si può decidere di riscoprire la storia della città con la visita alle fortificazioni sotterranee, come quella di Pietro Micca, o alla caserma Montegrappa, sede Comando della Brigata Alpina Taurinense. Ma la bellezza e l’innovazione architettonica possono celarsi ovunque, per questo nella lista di edifici ci sono anche luoghi di formazione, come le scuole Fermi e Pascoli, giardini e ville storiche, come Scultura Fiori o la Casa di Carlotta Oddone. “Ci sono spazi piccoli e meno famosi che meritano di essere scoperti”, spesso si tratta di luoghi una volta noti e poi scomparsi nel tempo, che secoli dopo vengono ridati alla collettività in una veste nuova. Come l’Artiglieria, diventata un centro d’arte, o l’Innovation Square Center, dove una volta Armando Testa faceva il garzone di bottega, adesso realtà di innovazione. Per chi vuole andare sul sicuro, invece, l’attrazione di questa edizione è, a detta di chi se ne occupa, l’ex Cartiere Burgo. A prima vista sembra quasi un’astronave, calata su San Mauro Torinese, ma è il progetto del brasiliano Oscar Niemeyer, vincitore del premio Premio Pritzker nel 1988. “È il primo edificio che avevamo pensato di inserire in lista quando è iniziato il progetto. Finalmente, dopo 5 anni, ci siamo riusciti. È un edificio dismesso da anni ed estremamente curioso.”
Uno dei punti di forza dietro Open House sembra essere quello di riuscire ad avvicinare l’architettura anche ai non addetti ai lavori. La gratuità delle visite – resa possibile dai 450 volontari che lavorano per gestirle – lo rende una festa egualitaria, destinata a tutti. Ma, ancora di più, il progetto offre la possibilità di riscoprire la città che si abita e guardarla con occhi diversi. “Uno degli obiettivi è estenderci anche in zone della città dove non siamo ancora stati e dove non ci capita di girare normalmente, quindi oltre il centro. Una delle cose più belle è trovarsi in mezzo a strade sconosciute e pensare di non trovarsi nemmeno a Torino.” Riscoprirsi turisti nella propria città è solo un lato della medaglia: la conoscenza di edifici mai visti è complementare alla scoperta del contesto in cui si trovano. Per questo sono previsti anche tour di alcune zone periferiche, come Falchera o il quartiere Vallette.
La rete italiana di Open House ha poi deciso di organizzare per il weekend successivo, quello dal 16 al 19 giugno, un progetto monografico incentrato su alcuni architetti noti di ciascuna città. Torino verrà rappresentata da Sergio Jaretti Sodano e Elio Luzi, tramite talk, mostre, itinerari e la scoperta degli edifici progettati dai due architetti.