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I campi delle streghe: le donne che vivono segregate in Ghana tra superstizione e ignoranza

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Una collezione di capanne di paglia e fango dove finiscono le strade calde e polverose del Ghana. Non c’è acqua corrente, nemmeno l’elettricità. Un recinto in legno le separa dal resto del mondo. Qui recludono le ultime streghe. I witch camps in Ghana sono una realtà unica che racconta una storia vecchia: la prevaricazione patriarcale su donne colpevoli di non stare dentro i confini stabiliti da una disparità di genere. Se non possono normalizzarle allora le segregano. Lì non vivono, sopravvivono.

Una donna viene trovata sola per le strade di un villaggio nel nord del Ghana, la fermano. Gli abitanti dicono che è caduta dal cielo. E’ caduta perché ha esaurito il gas delle streghe durante una spedizione volante. Ma Ama Ahima, in realtà, si era solo persa. Scesa da un camion nel posto sbagliato. Vorrebbe spiegarlo ma è affetta da demenza e non ci riesce, non la capiscono. Un uomo tra la folla intanto prende un fiammifero e del cherosene, lo versa sulla donna. È il 2010 e Ama Ahima viene bruciata viva. La sua sentenza di morte: stregoneria. 

Maltempo, malattie, morte del bestiame, siccità. Se una mucca cerca di saltare la recinzione e lì c’è una donna, in Ghana questa rischia di essere marchiata come strega. A volte basta apparire in sogno a qualcuno. La presunta strega, se non viene linciata o bruciata, arriva al processo, e in Ghana le contorsioni di un pollo macellato determinano la colpa della donna accusata: strega o no. Se il pollo cade a terra con la testa bassa e le zampe all’aria allora la donna, ritenuta colpevole, è costretta a lasciare il villaggio e passare il resto della sua vita nel campo delle streghe. “I campi sono una manifestazione drammatica della condizione delle donne in Ghana”, afferma il professor Dzodzi Tsikata, esperto di sociologia dello sviluppo presso l’Università del Ghana. “La questione è collegata alla disuguaglianza di genere nel nostro Paese”. Donne sole, anziane o vedove, vittime di invidie o semplicemente scomode: sono loro le protagoniste di questa storia. Una storia che ricorda i roghi medievali, i banchi dell’Inquisizione, la caccia alle donne nell’Europa del XV e del XVII secolo. E nel nord del Ghana la superstizione e l’ignoranza nutrono le accuse di veridicità.

I campi delle streghe sono una tendenza unica del Paese, che condivide con gli altri stati africani una credenza endemica nella stregoneria. Vampiri che terrorizzano i villaggi del Malawi, il panico da furto di pene in Congo, albini assassinati per depredare parti del loro corpo ritenute magiche in Tanzania.

“La stregoneria è un modo di spiegare la sfortuna, legato alla fede. La maggior parte dei culti crede nel bene e nel male. Il problema principale è come le persone rispondono ai problemi, e quando non si hanno spiegazioni razionali allora si ricorre al soprannaturale”, sottolinea Tsikata. La fede nella stregoneria fa parte della mitologia ghanese, le contaminazioni bibliche importate dai colonizzatori sono state poi integrate in modo irregolare, insistendo sulle narrazioni della caccia ai demoni. Credenze spirituali che sono più forti nelle zone povere, imbruttite dall’ignoranza. Per Lamnatu Adam, di Songtaba, non è una coincidenza che i campi delle streghe si trovino nord del Ghana: una delle regioni del Paese con i più bassi standard di istruzione e alfabetizzazione. Secondo i dati dell’Onu tre adulti su quattro, nel nord del Ghana, sono analfabeti. Numeri che rendono forse più comprensibile come nel 2021 possano resistere pozioni di sangue di pollo e teschio di scimmia. Quelle che le presunte streghe devono bere, per purificarsi, prima di essere esiliate per sempre nei witch camp. Il nord del Ghana ne conta sei: Boonyasi, Gambaga, Gnani, Kpatinga, Kukuo e Nabuli. Forse sono di più, ma mancano i dati per poterlo confermare. Dentro questi recinti sopravvivono quelle donne che si allontanano dagli stereotipi di genere, o esposte alla società perché prive di un’autorità maschile in grado di proteggerle. Un rapporto di Actionaid, un’organizzazione che combatte e protegge i diritti delle donne, pubblicato nel 2012,  afferma che oltre il 70% delle residenti nel campo di Kukuo sono state accusate e bandite dopo la morte dei loro mariti. Tante sono semplicemente scomode, povere o affette da malattie mentali, “nelle comunità tradizionali non c’è una vera comprensione della depressione o della demenza”, racconta il dottor Akwesi Osei, capo psichiatra presso il servizio sanitario del Ghana. Ignoranza, superstizione e interesse che alimentano un misoginismo radicato.  E così stregoni incaricati di riconoscere le streghe conducono vere e proprie crociate. Sono mercenari religiosi che alimentano atti di brutalità contro capri espiatori interni. 

I witch camp però non sono l’opzione peggiore. Come Ama Ahima, le donne, possono essere bruciate vive, o linciate, picchiate, violentate, perché in Ghana l’accusa di stregoneria può diventare una condanna a morte. Emerge l’altro volto dei campi delle streghe, si un esilio, ma che assomiglia anche a una salvezza, un rifugio dalla superstizione. Un profilo che emerge chiaramente quando nel 2014 il governo ghanese decide di chiudere il campo di Bonyasi, perché fuori dal witch camp le donne non sono al sicuro. Il rifiuto della comunità ad accettare le suddette streghe le espone al pericolo, le donne hanno paura di tornare, subiscono il trauma della stigmatizzazione, l’incertezza di essere accettate. Paure fondate: nel 2008 il sondaggio di Actionaid, racconta che il 40% delle streghe andate via dai witch camp ci sono tornate entro un anno perché nuovamente accusate.

Actionaid si sta impegnando non solo per smantellare i campi, ma per permettere una reale reintegrazione nella comunità. Un processo che mira a smantellare il sistema di superstizione e stigma, un processo, quindi, lungo e difficile. Nel mentre è necessario andare a insistere su una miglior qualità di vita all’interno dei campi. Per farlo si parte dalle donne che in quei recinti sono costrette a vivere.

Creare consapevolezza, dialogo, fiducia, insegnare a loro diritti che hanno, quelli che i witch camp violano. Actionaid ha promosso la creazione di una rete Ti-gbubtaba, (che significa nel dialetto dagbano locale “cerchiamo di sostenerci a vicenda”), per creare una voce collettiva capace di sensibilizzare sul tema. Una rete che ha incontrato rappresentanti del governo locale riuscendo poi ad ottenere la registrazione al piano nazionale di assicurazione sanitaria e aiuti alimentari all’interno dei campi.

“Dobbiamo far capire che quello che succede a queste donne è un abuso dei diritti umani. Ma lo scioglimento dei campi sarà un processo lungo, potrebbero volerci dieci o vent’anni. Dobbiamo lavorare con la comunità, in modo che possano tornare senza essere linciate se una mucca salta oltre il recinto. Avrà bisogno di tempo, perché non è solo una pratica sociale o culturale, c’è anche una dimensione psicologica” sono le parole di Adwoa Kwateng-Kluvitse, direttore di Actionaid in Ghana.

Le accuse di stregoneria sono l’esempio inquietante di una forma di discriminazione meno nota. In un paese dove Tv satellitari e cellulari si mescolano alle credenza secolari nel soprannaturale esistono donne imprigionate in labirinti di case di fango. Donne che hanno paura di tornare indietro perché mancano, ancora, le basi sicure nel Paese per andare avanti.

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