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Al Salone i bambini di oggi giocano a progettare l’innovazione di domani

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Entrando nel padiglione 5 alla kermesse torinese bisogna fare lo slalom tra centinaia di bambini in fila per due che parlottano allegri, felici che le loro maestre li abbiano portati in gita in un luogo così avventuroso. Il Bookstock village, lo spazio che il Salone dedica ogni anno ai più piccoli anche quest’anno non delude, accogliendo classi provenienti da ogni parte d’Italia con laboratori dedicati alle tematiche più disparate.

Tra cannucce, rotoli di carta igienica, cartoni delle uova ed elastici viene lasciata via libera alla fantasia dei bambini, assistiti nel Laboratorio della Creatività, organizzato da Xké, da un gruppo di ragazzi, perlopiù universitari, pronti ad aiutare i bambini se dovessero avere difficoltà. «C’è già tutto in loro, il nostro compito è solo quello di far sì che venga fuori», racconta uno degli educatori, Peppe.

Tema centrale di quest’anno il tinkering, la tecnica educativa ideata a San Francisco che insegna ai bambini il problem solving e l’arte di arrangiarsi con materiali poveri e di recupero. «L’obiettivo è dare ai ragazzi la possibilità di toccare la scienza con mano e progettare in piccolo quel che potrebbe diventare l’innovazione di domani», racconta Francesco, uno studente di ingegneria che assiste i bambini durante i laboratori.

Oltre ai materiali di recupero i bambini che partecipano al laboratorio ricevono un kit elettrico fornito dall’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova: i piccoli motori alimentati da batterie sono collegati a ventole o Led. In una rilassata atmosfera di gioco, i bambini propongono i loro progetti entusiasti, felici di costruire da soli una piccola torcia o di giocare a soffiarsi aria con un piccolo ventilatore da utilizzare, nella loro immaginazione, magari su Marte o in un viaggio spaziale.

Un altro aspetto importante è quello della sostenibilità: il fatto di utilizzare soltanto materiali usati insegna ai bambini una vita responsabile nei confronti del pianeta. Far lavorare i ragazzi con cose che incontrano ogni giorno li sorprende non poco, molti si aspettavano materiali nuovi o attrezzature sofisticate.

Il punto di partenza del lavoro è un approccio volutamente generico, in modo che poi ogni bambino possa declinare le opportunità offerte secondo la propria sensibilità. Gli incontri coinvolgono trenta bambini per ogni turno, divisi in gruppi da cinque o sei, in modo che si possa coltivare anche l’abitudine del team working. «Farli lavorare insieme non è sempre facile, a volte trovi il bambino svogliato o quello timido che non riesce a collaborare», racconta Peppe.

Dopo l’assegnazione del compito, nessun altro ostacolo alla creatività: i bambini imparano a lavorare in gruppo in maniera rispettosa, a condividere le idee e contribuire, ciascuno secondo le proprie possibilità, alla realizzazione. E i progetti realizzati sono tutt’altro che semplici: «uno dei gruppi ha creato addirittura una piccola jeep, un altro, un piccolo aspirapolvere da tavolo» dice Francesco, mostrando orgogliosamente alcuni dei prototipi, quasi li avesse costruiti lui stesso.

Un laboratorio che stimola la creatività e insegna agli adulti di domani a gestirla e sfruttarla al meglio, creando così, nel gioco, un primo approccio scientifico al lavoro, che rimane ai bambini come risorsa da utilizzare nel corso della vita.

LISA DI GIUSEPPE

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