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Hong Kong, Jimmy Lai vittima della “lawfare”

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“Diffamare non solo il messaggio, ma anche chi porta quel messaggio. Questo è un classico esempio di lawfare”. Lo ha detto Caoilfhionn Gallagher, avvocata che si occupa di diritti umani e responsabile della difesa di Jimmy Lai, il fondatore del giornale Apple Daily di Hong Kong da tre anni in carcere con l’accusa di aver violato la controversa legge sulla sicurezza nazionale. Per Gallagher la lawfare è uno strumento nelle mani del potere, usato per delegittimare un oppositore e per scoraggiare la rivendicazione dei suoi diritti. “È stato messo in carcere perché è un giornalista – racconta durante un evento al Festival internazionale del giornalismo di Perugia -. È abbastanza scioccante”. 

Jimmy Lai è il fondatore di Apple Daily, storico quotidiano di Hong Kong considerato dalle autorità cinesi apertamente pro-democrazia. Negli ultimi anni ha preso parte a diverse campagne per i diritti nella città. “È arrivato a Hong Kong da piccolo, e ha potuto notare la differenza tra la Cina comunista e le libertà che Hong Kong aveva – racconta suo figlio Sebastian Lai, in diretta video da Taiwan -, lo stato di diritto, la libertà di stampa, la libertà di espressione”. Ha preso parte alle campagne per la democrazia nell’ex colonia britannica, ora regione ad amministrazione speciale cinese.

Hong Kong è considerata dal Partito comunista cinese come un territorio con un regime di amministrazione particolare, che segue il principio “una Cina due sistemi”. Questo ha garantito alla popolazione locale un certo grado di libertà rispetto ad altre regioni. Da quando Jimmy Lai è stato arrestato è rimasto in carcere, per tre anni. “Attualmente è sotto processo per presunte violazioni della legge sulla sicurezza nazionale. La sentenza massima è l’ergastolo”, spiega Sebastian Lai. Il processo è iniziato a dicembre 2023.

Gli attivisti pro-democrazia e le organizzazioni per i diritti umani hanno contestato la legge sulla sicurezza nazionale promulgata nel 2019 e dal valore retroattivo. “Le persone che ho intervistato in questi anni, prima che la legge fosse promulgata, mi hanno richiamato e mi hanno chiesto se potessi eliminare i loro articoli”, racconta Finbarr Bermingham, corrispondente dall’Europa del South China Morning Post. La legge è considerata estremamente restrittiva nei confronti delle libertà individuali e limitante per l’attività giornalistica.

“Gli obiettivi della legge non sono solo i diretti interessati, ma hanno un intento educativo nei confronti di chi rimane”, secondo Samuel Chu, attivista pro-democrazia di base negli Stati Uniti e responsabile della “Campagna per Hong Kong”. “Gli effetti coercitivi per cui è pensata la legge consistono nell’assicurarsi che tutte le persone in qualche modo connesse con Jimmy Lai possano pensare ‘potrei essere il prossimo’”.

Immagine di copertina di Pakkin Leung rilasciata con licenza CC BY 4.0.

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