Green pass: la pandemia continua a creare disuguaglianze

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E’ un mantra che continua a ripetersi. Più ricchi, più vecchi e bianchi. Adesso vuol dire anche più vaccinati e più liberi: sono loro che avranno il Green pass. 

Le priorità dettate dalla pandemia segnano un cambio di marcia. Se prima bisognava guarire ora bisogna non ammalarsi. Vaccinare il più in fretta possibile più gente possibile, per arginare il virus, e poi permettere a chi è protetto di ripartire, accelerando il percorso verso la normalità. Perché se un occhio è puntato sul versante sanitario, l’altro rimane fisso sulle voragini economiche causate dal virus. L’industria del turismo stima oltre 1 trilione di dollari di perdite. Viaggiare è un imperativo.

Il Green pass, o passaporto vaccinale è al momento l’alternativa desiderabile ai blocchi continui, almeno fino a quando non verrà raggiunta l’immunità di gregge, stimata ad un tasso di vaccinazione del 70%-85%. L’Unione europea sta procedendo con i piani per il passaporto vaccinale. La premessa è semplice: un documento digitale o cartaceo che attesti la vaccinazione e che permetta quindi di viaggiare e usufruire di quei servizi bloccati durante la pandemia. Si, ma non è così semplice. E’ un progetto incastrato tra problemi etici e logistici. La disuguaglianza ha segnato la pandemia sin dall’inizio, e continuerà a farlo. Il Green pass rischia di trasformarsi in una nuova forma di discriminazione. E si torna al mantra: più ricchi, più vecchi e bianchi. Stando ai dati sono loro i protagonisti in prima linea della campagna vaccinale, di conseguenza i primi che partiranno. Un ventaglio di privilegi: dai sistemi di prenotazione on line, più accessibili a chi ha le risorse tecnologiche per poterne usufruire, alla localizzazione dei siti di vaccinazione nelle diverse aree. Inoltre i gruppi demografici con livelli di fiducia più elevati nelle istituzioni saranno più disposti a essere vaccinati, a discapito delle comunità emarginate che nel tempo hanno solidificato la diffidenza verso l’establishment.

Infine la discriminante più pesante: la possibilità reale di avere dosi a disposizione per potersi vaccinare. Un mondo diviso? Si, e nelle divisioni si creano ulteriori fratture che portano ad una polarizzazione violenta. Paesi ricchi e paesi poveri, all’interno dei quali si crea ancora più distanza tra i due fronti.  Da sottolineare: come riporta Forbes, quasi 100 paesi non hanno nemmeno avviato un programma di vaccinazione contro il Covid-19. Per capire meglio, in molte aree è probabile che la popolazione non venga vaccinata per molti anni. Inoltre le regioni a basso reddito non solo hanno sofferto la pandemia, ma non possiedono le riserve finanziarie o i mezzi fiscali per sostenere strutture sanitarie per le vaccinazioni e nemmeno campagne di sensibilizzazione. Rimarranno indietro nelle partenze.

Una questione dibattuta anche all’interno del Parlamento europeo che il 29 aprile ha adottato la sua posizione negoziale sulla proposta del certificato verde. Al fine di evitare discriminazioni all’interno dei confini europei, i paesi dell’Unione dovrebbero garantire test universali, accessibili, tempestivi e gratuiti. Ma rimangono aperti ancora molti interrogativi. Nel tentativo europeo di delineare un programma unitario, le nazioni si stanno muovendo per disegnare soluzioni interne che rischiano di rallentare le infrastrutture a livello comunitario.

Allargando lo sguardo su una prospettiva globale il programma COVAX dell’Oms sta tentando di colmare quel divario tra regioni ricche e regioni povere. I primi risultati sono osservabili in Ghana e in Costa d’Avorio, i primi a iniziare la campagna di vaccinazione attraverso le dosi fornite dal programma. Saranno però 270 milioni le dosi distribuite da Covax nel 2021. Un numero che non soddisfa la richiesta, l’Oms lo sa e ne promette due miliardi. Il livello di incertezza è alto, il confine tra un aiuto concreto e un’elemosina simbolica è sottile. 

La pandemia ha messo a nudo le ingiustizie globali, non abbastanza forse per cercare soluzioni che vadano ad ammortizzare disuguaglianze, che sono sempre esistite ma che si sceglie di perpetuare. I passaporti vaccinali daranno la priorità di muoversi a chi è già privilegiato. Il futuro requisito del passaporto digitale per dimostrare la vaccinazione contro il Covid-19 potrebbe esacerbare le disuguaglianze, lasciando molti ancora più indietro.