Il fatto quotidaino è fermo da dieci giorni. Non il giornale di Marco Travaglio, ma il famoso sito di bufale, quello con le vocali invertite. Fatta eccezione per lo scoop sul gatto Oreo che lavora in una casa di cura (datato ieri), l’ultimo articolo risale al 9 aprile.
In pochi se ne sono accorti. Quasi nessuno consulta la homepage del Daino. La maggior parte del flusso arriva da Facebook, grazie ad articoli costruiti per renderne il contenuto virale.
“Aspettiamo che passi la bufera”, spiega Alvaro Porfido (uno pseudonimo), principale redattore del Daino. Ora Porfido scrive su Stampa D’Italia, un mix di notizie ad alto potenziale di circolazione (Sgarbi che litiga con tutti o Morgan che lascia Amici) e bufale light, “che non fomentano razzismo e indignazione popolare”. Per Porfido la distinzione tra contenuti che definisce “satirici” e quelli “pesanti” (“in stile Catena Umana o Riscatto Nazionale“) è fondamentale. “Una differenza che alcuni debunker (smascheratori professionisti di fake news, ndr) non hanno capito, trattandoci alla stregua di chi incoraggia l’odio”.
Quel che è successo al Daino fa pensare alle prove generali di Facebook per affrontare la questione delle fake news: “Una decina di pagine gestite dal nostro staff”, spiega Porfido, “sono state bloccate in una sola notte di fine marzo. Da allora ce ne sono state restituite alcune, ma altre non sono ancora raggiungibili. Non sappiamo perché”. La pagina ufficiale del Fatto Quotidaino è tra le pagine nuovamente online, così come Miele e Amicizia (201mila like), piena di quelle citazioni o immagini per augurare il buongiorno che l’adulto medio di Facebook condivide con una certa frequenza. La Rebubblica (con tre b) è forse la più celebre tra le pagine affondate e ancora offline. Ad un’analisi superficiale non emergono punti di contatto tra queste fanpage, con nomi e indirizzi diversi, ma spulciando tra i contenuti, ci si accorge che tutte sono collegate dal filo rosso delle bufale. Lo staff del Daino le ha rilevati per acquisire una maggiore portata e se ne serve per diffondere gli articoli.
Un altro colpo è stato il servizio delle Iene andato in onda il 15 febbraio scorso. Nel “grande business delle bufale”, descritto da Matteo Viviani, ci è finito anche il Daino. “Siamo stati inondati da commenti pesanti”, spiega Porfido, “ma quello visto in tv era ilfattoquotidaino.com, un sito diverso (ora offline, ndr)”. Il Daino non appartiene alla galassia Matteo Ricci Mingani, l’imprenditore che sfruttava una società di inserzioni online con sede in Bulgaria per monetizzare la pubblicità tramite i propri siti di fake news. Tuttavia l’indignazione degli utenti sui social non ha fatto distinzioni e da febbraio, assicura Porfido, i redattori del Daino sono stati coperti da insulti.
A questo si è aggiunta la decisione di Google di ritirare le proprie inserzioni. “Scrivere bufale ha smesso di essere conveniente”, spiega Porfido, che nei mesi migliori guadagnava cinque o seicento euro. “Uno stipendio da dipendente, dato che non sono io il proprietario del sito”. Ora le pubblicità sono gestite da un’altra società. “Ma non sono altrettanto redditizie”.
Insomma, una serie di elementi hanno colpito più o meno contemporaneamente Il fatto quotidaino e adesso il sito è in standby. Riprenderete a scrivere bufale? “Ora come ora non saprei dirlo”, risponde Porfido, “stiamo aspettando che le acque si calmino”.