La testata del Master in Giornalismo “Giorgio Bocca” di Torino

Gli altri siamo noi: il carcere non può essere una “discarica sociale”

condividi

Uno spettacolo per riflettere insieme sulla conclusione di un progetto. Game over è un percorso di dialogo tra studenti e giovani detenuti, un laboratorio attivato dall’istituto penale minorile Ferrante-Aporti. Quest’anno il tema centrale è stato “gli altri siamo noi”, presentato il 27 maggio durante una conferenza al campus Einaudi di Torino. Il laboratorio annuale nasce dall’impegno sociale del Fondo Alberto e Angelica Musy, grazie al sostegno di Fondazione Compagnia di San Paolo e la collaborazione dell’Istituto Penale Minorile Ferrante Aporti di Torino. Alla guida del percorso ci sono la compagnia Teatro e società, l’associazione Sulleregole e il dipartimento di giurisprudenza dell’università di Torino.

L’edizione 2024-2025 è iniziata a ottobre. Si articola in una prima fase, rivolta a professori e professoresse e pensata per coinvolgerli nel sensibilizzare studenti e studentesse agli incontri con i loro coetanei del Ferrante-Aporti. Nelle scuole partecipanti, poi, viene presentato un video realizzato al Ferrante-Aporti con i minori detenuti e le studentesse della Clinica Legale. Inoltre, sono stati tenuti 10 incontri di teatro-conferenza all’interno dell’istituto penitenziario minorile insieme ad alcune classi delle scuole che hanno aderito. La conferenza del 27 maggio costituisce la tappa finale del processo.

Game over – Gli altri siamo noi si inserisce nei programmi di educazione civica proposti nelle scuole, dando la possibilità a studenti e studentesse di riflettere su parole come dignità, regole, solidarietà e giustizia. “Chi è l’altro per me è un tema centrale in un momento in cui la cultura solidaristica della Costituzione è messa alla prova”, ha commentato Franco Carapelle di Teatro e società. Il concetto è stato ripreso più volte durante la conferenza, un’occasione di spunti e di partecipazione per le scuole di Torino e provincia.

“Il contesto attuale spinge molti, non solo i giovani, alla frammentazione e al rifiuto della complessità – ha continuato -, per questo servono ponti che riportino a un senso di appartenenza”. Anche Michela Favaro, vicesindaca della città di Torino, ha dichiarato che “progetti come questi aiutano a creare consapevolezze e punti di contatto”.

Con gli interventi di due ex detenuti le persone in aula hanno potuto raccogliere degli spunti sulle pene alternative e la necessità della loro applicazione. “Sono l’esempio di come sia importante avere un’alternativa – ha raccontato Anna -. Le istituzioni non sono nemiche, ma è importante che ci sia un dialogo con chi sta in carcere”. Daniele, invece, ha voluto sottolineare che il carcere “non può e non deve essere una discarica sociale. Chi non ha la possibilità di usufruire delle misure alternative passa tempo il carcere, con dei costi per la collettività e un possibile fallimento alla fine del percorso. Il 70 percento di chi esce dal carcere ci rientra entro 5 anni”.

Cecilia Blengino, professoressa di sociologia del diritto dell’università di Torino, ha ricordato le difficoltà legate all’ottenere una difesa adeguata e, di conseguenza, a pene che non siano il carcere: “La legge è uguale per tutti non è una constatazione, ma un monito e un richiamo al rispetto del principio di uguaglianza. La legge è uguale per tutti se c’è accesso alla giustizia”.

Articoli Correlati