Quando un lettore si avvicina ai loro stand lo accolgono con entusiasmo. Al Salone del Libro di Torino i nuovi editori trovano l’occasione di incontrare chi deciderà di sostenerli nei prossimi anni. È l’opportunità di presentarsi a un nuovo pubblico e di farlo marcando le differenze tra la nuova editoria e la quella già presente sul mercato da anni. I nuovi editori hanno pochi anni di vita, qualcuno solo qualche mese. Molti sono nati in piena pandemia, come se i due anni appena trascorsi abbiano rivitalizzato la loro voglia di scommettere sul settore. Ma hanno le idee chiare su cosa vogliono fare da grandi. Anzi, lo fanno già.
“Quando ho finito l’università il mio desiderio era quello di mettermi in gioco nel mercato editoriale cercando formule innovative per entrare in un settore molto monopolistico”. È la storia di Elisa Serra, caporedattrice di Land editori, giovane casa editrice nata da appena un anno e pronta a sperimentare tra romanzi di genere, come thriller e horror, e temi sociali: “La strada è molto lunga – aggiunge Elisa – i risultati si vedranno tra qualche anno, ma incrociamo le dita per il futuro. Siamo soddisfatti soprattutto dai più giovani che sono i lettori più ricettivi e interessati alle novità”.
I nuovi editori curano i loro progetti come se fossero artigiani. Ogni dettaglio è importante: dal tipo di lettore al quale si rivolgono, sino agli autori e ai temi che scelgono di pubblicare. “Pensavamo di avere qualcosa da dire e di apportare elementi di discussione nell’ambito del femminismo con voci diverse che non fossero necessariamente quelle mainstream”, racconta Beatrice Gnassi (Le Plurali editrice): “Crediamo che come piccola casa editrice sia importante avere un’identità ben definita e abbiamo lavorato per costruirla”.
Il Salone del Libro di Torino è un importante bigliettino da visita per i nuovi editori: “Essere qui ci permette di carpire i potenziali lettori”, dice Monica Di Leandro che, con l’omonima casa editrice, ha deciso di investire sul settore proprio in pandemia: “Siamo già editori televisivi – spiega -, ma la pandemia ci ha stimolati ad aggiungere anche il tassello del cartaceo”. Così, per molti di loro, investire nel settore editoriale è stata una doppia sfida. Ad accomunare le loro storie è l’entusiasmo che sprigionano quando parlano del loro lavoro.
Proprio come Lorenzo Bernasconi che ha chiamato la sua casa editrice “I senza tregua edizioni“. Basterebbe questo a descrivere la tenacia con cui porta avanti il suo progetto. “Siamo nati circa due anni e mezzo fa, quando abbiamo fondato la palestra di scrittura creativa che – racconta – nel tempo è diventata una specie di incubatrice perché ho trovato i primi giovani autori da poter pubblicare”. Scommettere nell’editoria significa tutto questo, ma non solo: “Forse in questo momento è un azzardo, ma è ancora una sfida vincente – osserva Gabriella Musetti (Vita activa nuova – Trieste) -. Chi decide di farlo sono eroi e eroine perché c’è bisogno di un rinnovamento della cultura che parta dal basso”.