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La memoria delle persone lgbt vittime della Shoah

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Il 27 gennaio, Giorno della Memoria, si avvicina e si moltiplicano gli eventi nel ricordo delle vittime del massacro della Shoah. Stamattina alla Cavallerizza Reale il Servizio Lgbt cittadino e l’Università di Torino, insieme con il Consiglio regionale del Piemonte, hanno organizzato il convegno storico “Lo sterminio dimenticato” per ricordare le persone transessuali vittime dell’Olocausto. Ne hanno parlato i professori Lorenzo Benadusi, Giovanni Dall’Orto, Claudio Vercelli e la docente della nuova cattedra torinese di Storia dell’omosessualità, Maya De Leo. In collegamento video Lucy, donna trans sopravvissuta a Dachau, che in lacrime racconta: “In confronto alle cose terribili che ho visto, l’inferno di Dante è una delizia”.

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Lo sterminio dimenticato

Uno sterminio dimenticato, quindi, come dimenticate sono le sofferenze patite dalle persone transessuali prima, durante e dopo il secondo conflitto mondiale. In seguito alle deportazioni, le persone lgbt furono il terzo gruppo a essere perseguitato, dopo ebrei e nomadi sinti e rom. Non ci sono dati certi, ma le stime più attendibili parlano di circa 30mila deportati: di questi circa un terzo sono morti. Un massacro giustificato non da ragioni politiche, etniche o religiose, ma dalla superstizione: si era convinti che queste persone avrebbero potuto diffondere il loro essere alternativi come una malattia, che avrebbe disgregato la società. “Quella dei nazisti nei confronti degli omosessuali non fu una persecuzione vera e propria, ma la repressione più dura e violenta della storia – puntualizza il professor Giovanni Dall’Orto -. Ci sono altri mezzi, che permangono tutt’oggi, per reprimere e discriminare le persone lgbt. Il bisogno di contenere i bisogni sessuali devianti dalla norma ha una storia lunga e nasce nel XIX secolo con il femminismo”.

Nei campi di concentramento le persone lgbt erano all’ultimo posto della scala di valore stabilita dai nazisti, e per questo venivano vessate da tutti. Il marchio per identificare i gay – ma anche gli uomini considerati effemminati e quelli che oggi chiamiamo transessuali – era un triangolo rosa, simbolo della loro presunta mancanza di virilità. Alle lesbiche, invece spettava un triangolo nero, che le bollava come “asociali”.

La demonizzazione del diverso a livello di orientamento sessuale non comincia con il nazismo e non finisce nel 1945. Nel periodo tra le due guerre in Europa si intensificò l’odio di genere, di pari passo con l’esaltazione del machismo. Il problema è però soprattutto successivo alla fine della guerra. Il famigerato “paragrafo 175” della legge nazista, che prevedeva condanne per i deviati, venne abrogato solo nel 1969. In Italia e nel resto d’Europa l’odio di genere è continuato e continua ancora oggi dove ci sono silenzio e oblio, che rimangono le armi migliori per far sparire le minoranze. “La memoria è importante – sottolinea Maya De Leo – ma bisogna farla dialogare con il presente, perché diventi strumento di emancipazione collettiva”.

DAVID TRANGONI