In corsia, negli ultimi 14 mesi, per regalare speranze e salvare vite. Un camice, oltre che una divisa, è soprattutto il segno distintivo di una categoria di cui l’Italia e il mondo intero hanno improvvisamente capito di non poter fare a meno.
Oggi è la Giornata Internazionale degli Infermieri – istituita ufficialmente nel 1965 e fissata il 12 maggio nel 1974 per commemorare la nascita dell’infermiera britannica Florence Nightingale, il cui contributo si è rivelato fondamentale per la nascita della moderna assistenza infermieristica –, da celebrare in corsia, per chi da sempre è impegnato a dare assistenza.
“Ovunque per il bene di tutti” è il messaggio che arriva quest’anno dagli Opi (Ordini delle professioni infermieristiche) sparsi sul territorio nazionale, con eventi e manifestazioni dedicate. In Piemonte, il coordinamento degli Opi locale ha organizzato per domani, dalle 14 alle 18, il webinar “L’Infermiere di famiglia e comunità: voci dal territorio e narrazione mediatica” in cui saranno ascoltate le testimonianze di alcuni infermieri e le riflessioni degli ordini provinciali sulle prospettive future della figura professionale.
“È stato un periodo molto pesante per gli infermieri, sia fisicamente che psicologicamente – ha sottolineato il dottor Massimiliano Sciretti, presidente dell’Opi Torino -. L’impegno professionale non è mai mancato in tutte le fasi della pandemia, dalla prima ondata, dove il virus era ancora da studiare e avevamo poche armi a disposizione, fino ad oggi nella fase vaccinale. Molti infermieri si sono ammalati e, purtroppo, in 76 hanno perso la vita. La carenza preesistente di infermieri in Italia storicamente è di almeno 53 mila unità. La situazione pandemica ha evidenziato ulteriormente tale insufficienza nei vari setting assistenziali, sia ospedalieri che territoriali. In Italia, gli infermieri sono sempre 5,7 per 1000 abitanti, contro una media dei Paesi dell’Ocse di 8,2 e degli stati del nord Europa di 10”.
Un ruolo, quello dei paramedici, che a detta dell’Opi deve essere ulteriormente valorizzato: “Gli infermieri non sono eroi ma professionisti che stanno accanto ai cittadini, erogando assistenza sulla base dei loro bisogni. Si deve dare valore alle nuove competenze che questi lavoratori hanno sviluppato nel campo clinico, manageriale e formativo. La professione, poi, va anche valorizzata identificando il suo ruolo nei vari setting assistenziali, in termini di accesso ai percorsi di studio, migliorando l’attrattività dei percorsi di carriera anche rispetto al trattamento economico”.
A livello nazionale, sono decine di migliaia i professionisti impegnati nella lotta alla pandemia. Se nelle ultime settimane il virus ha allentato la presa sul nostro Paese, chi lavora in corsia non smette di sottovalutare la minaccia e continua a lavorare strenuamente. Dalla Sicilia al Piemonte, dalla Sardegna al Veneto.
“L’impatto – dice Fabiana Vasile, infermiera al reparto Covid-19 dell’ospedale Trigona di Noto, in provincia di Siracusa – è stato difficile e pauroso, anche perché di fronte all’emergenza eravamo praticamente tutti impreparati. Poi, col tempo, abbiamo affinato le tecniche di intervento e siamo riusciti a gestire il flusso di pazienti. Oggi, nonostante le due dosi di vaccino ricevute, viviamo con la paura di poter essere contagiati, ma la voglia di aiutare gli altri e portare avanti il nostro lavoro è più forte di tutto. Durante i turni siamo una vera e propria equipe: ognuno è indispensabile nel suo ruolo. Prima della pandemia, la nostra categoria è stata spesso sottovalutata. Per il futuro mio e dei miei colleghi mi aspetto più considerazione. Restiamo al servizio di chi è in difficoltà: è la nostra missione e continueremo a perseguirla ogni giorno”.