La testata del Master in Giornalismo “Giorgio Bocca” di Torino

Il giornalismo come servizio pubblico, Alan Rusbridger dialoga con Mathew Ingram

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“Siamo un servizio pubblico. Come le ambulanze o i pompieri”. E’ un lampo, quello di Alan Rusbridger all’hotel Brufani alla seconda giornata del Festival del Giornalismo. “Dobbiamo assumere questa consapevolezza”. Nel veloce botta e risposta con Mathew Ingram del Columbia Journalism Review, l’ex direttore del Guardian racconta le motivazioni che lo hanno spinto a scrivere il suo ultimo libro, Breaking news, the remaking of journalism and why it matters now. Remaking, perché le nuove tecnologie hanno profondamente sconvolto il giornalismo che, come incalza Ingram, forse è ancora troppo ancorato alla visione antica di se stesso e non scende a patti con la contingenza. Why it matters now, perché è importante ora. “Perché le nuove tecnologie permettono a tutti di dire la propria, e così circolano milioni di notizie, – commenta Rusbridger – ma tutte le scienze si basano sui fatti, non si può mettere in discussione. Il punto è che noi adesso non sappiamo più distinguere un fatto da ciò che non lo è. Questo è il ruolo del giornalismo e questo deve tornare ad essere”.

Servizio pubblico. Lo ripete spesso, Rusbridger. Forse però il pubblico non sente la necessità del servizio pubblico o, perlomeno, ha del pubblico interesse una visione diversa. “È vero – ammette Rusbridger rispondendo a una domanda del pubblico – oggi molte persone sono più interessate a gatti e star vegane che al cambiamento climatico. Il ruolo del giornalismo è però proprio quello. Cambiare l’agenda delle persone. È il nostro compito”. E la consapevolezza, all’interno del Festival, diventa sempre più forte.

MARCO ZAVANESE

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