La testata del Master in Giornalismo “Giorgio Bocca” di Torino

Giornalismo e parità: “Non facile, ma si può fare”

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In Italia tre notizie su quattro hanno come protagonista un uomo. E solo il 37,35% degli articoli sono firmati da giornaliste donne. Nelle redazioni, quante donne ci sono? Le testate giornalistiche danno spazio alla questione di genere? Secondo il report dell’Osservatorio regionale antidiscriminazioni (Ora) la situazione piemontese ripropone lo spaccato – problematico – di tutto il Paese. Segnali negativi, quindi, e non pochi. Ma anche segnali di cambiamento, di crescita, che invitano a non mollare nel giorno in cui si celebra la Giornata per libertà di stampa e anche la Giornata per l’informazione costruttiva, a cui abbiamo aderito anche noi del Master in Giornalismo di Torino e questa testata, Futura News.

“Ci sono ‘tanti Piemonte’ – spiega Elena Miglietti, referente regionale di GiULiA giornaliste (Giornaliste unite libere e autonome, anche loro aderiscono alla Giornata per l’informazione costruttiva) – la situazione è a macchia di leopardo. Ci sono delle realtà virtuose, come ad esempio le testate nella provincia di Alessandria, ma in generale siamo ancora lontani dalla parità”.

Niente di nuovo, ma sembra esserci ancora tanta strada da fare. “I mestieri del mondo della comunicazione sono molto femminili, il problema è quando si avanza nei percorsi di carriera – continua Miglietti -. A volte ci sono donne caporedattrici che però lasciano alle persone intervistate la possibilità di farsi chiamare al maschile o al femminile. Ma è una questione linguistica, non deve esserci arbitrio da parte del giornalista”. Eppure chi oppone resistenza a utilizzare i termini femminili si giustifica con ragioni linguistiche. “È sbagliato. Il giornalista è a servizio di chi fruirà l’articolo o del contenuto su cui sta scrivendo? Finché noi pensiamo che la grammatica possa diventare ideologia questo problema resterà”.

Il cambiamento è inesorabile

Nonostante le resistenze, il cambiamento linguistico sembra essere ormai in atto. “La nostra lingua si declina al maschile e al femminile. I termini femminili esistono, anche se desueti o non ancora in auge. La lingua evolve e la resistenza che stiamo riscontrando è perché siamo dentro il flusso del cambiamento”.

E i giovani come reagiscono? “Per loro è tutto più semplice: a scuola dicono ‘prof’ e risolvono il problema”. Ci sono quindi margini di miglioramento? “Sì, alla fine ce la faremo e tra qualche anno guardando indietro verrà da chiedersi come mai abbiamo fatto così tanta difficoltà. La lingua ha diritto a evolvere là dove deve essere corretta”. E l’unica prospettiva sembra essere continuare a parlarne. “Se tu una cosa non la racconti, non esiste. Non è questione ideologica, è che si è sempre fatto così”.

Quindi parlarne, parlarne, parlarne. “Sul territorio piemontese ci sono redazioni virtuose che hanno voglia di cambiamento. Bisogna fare un grande lavoro per cambiare e staccarci dalle nostre abitudini. E per fortuna la Regione ci supporta in questo”. L’Ora, infatti, un monitoraggio frutto di un accordo tra l’Università di Torino e la Regione Piemonte, su proposta di GiULiA giornaliste. “Spero che l’osservatorio diventi permanente, o che almeno venga confermato dalla Regione per i prossimi tre anni. Il territorio sta reagendo bene anche grazie a questo tipo di presidi di controllo sul tema”. Alla stesura del report hanno collaborato anche le giornaliste Sara Iacomussi e Ilaria Leccardi (ex allieve del Master in Giornalismo di Torino), coordinate da Stefanella Campana.

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