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Giornalismo ambientale: mancano gli strumenti

“Non si tratta di formare i giornalisti. Quello che abbiamo scoperto è che i reporter sanno fare molto bene il loro lavoro”, dice Mitali Mukherjee, direttrice dei programmi per giornalisti di Risj (Reuters Institute for the Study of Journalism). Al Festival internazionale del giornalismo di Perugia 2024 il nodo di un giornalismo ambientale più capace di raccontare la crisi climatica è sul tavolo dei temi in primo piano. E si parte, dunque, da una constatazione positiva, anche se si fanno i conti anche con le carenze.

Per Mukherjee, “ciò che manca è una sintassi per mettere il clima nei loro reportage, l’accesso a dati accurati e la capacità di utilizzare quel linguaggio per interpretare i dati in modo da poterli riferire responsabilmente a un pubblico più vasto. Un altro problema è che non sempre i dati che abbiamo vengono tradotti in politiche concrete”. Solo alcuni giornalisti infatti hanno accesso a determinate fonti, in base alla lingua o al luogo di provenienza. Reuters ha quindi deciso di investire su una alleanza virtuale, riunendo oltre 400 reporter che parlano più di 100 lingue, cercando di ovviare a questa problematica. E in questo modo si democratizza anche l’ambiente giornalistico.

Un altro aspetto fondamentale del giornalismo riguarda il rapporto tra audience e giornalista. I cittadini, in primis, tendono a informarsi tramite esperti e scienziati. Meno credibili appaiono, invece, i politici. I giornalisti, dall’opinione pubblica, vengono percepiti come delle figure a metà. In questo senso, è importante che i media siano affidabili, soprattutto in un contesto come quello attuale: se da un lato l’interesse verso la questione ambientale sta aumentando, dall’altro continua a esserci parte della popolazione — compresi leader politici e personalità di spicco — che non crede nell’emergenza climatica. Secondo uno studio condotto da Yale, infatti, solo il 72% degli americani crede nel riscaldamento globale. In India, il 77% delle persone pensa che il governo dovrebbe lavorare di più sulle politiche ambientali. E da un’indagine condotta da Reuters, la maggior parte degli intervistati ritiene che il giornalismo sia uno degli strumenti più efficaci per generare un cambiamento politico.

La questione climatica, secondo Mukherjee, è una lente attraverso cui guardare le varie questioni. Ogni argomento può essere raccontato da questa prospettiva. E in questo senso, uno dei problemi principali del giornalismo ambientale riguarda le condizioni di sicurezza dei reporter. “Molti di noi lavorano in situazioni estremamente difficili. Alcuni di noi lavorano in esilio. E il clima non è più solamente una faccenda naturale: il più delle volte diventa una storia investigativa, che si tratti della mafia della Sabbia in India o della situazione dell’America Latina, dove il giornalismo investigativo ha davvero fatto un ottimo lavoro sul clima. È importante costruire spazi in cui i giornalisti possano esprimere le loro paure, condividere le conoscenze e sopportarsi”, ha sottolineato Mukherjee.

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