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Undici anni di tempo. Entro il 2030, le emissioni di CO2 dovranno diminuire almeno del 45% o sarà troppo tardi per limitare il riscaldamento globale. Questo sostiene il report dell’IPCC, il Gruppo Intergovernativo sul cambiamento climatico, pubblicato lo scorso 8 ottobre a Incheon in Corea del Sud. Se si trascura questa scadenza, non si comprende il motivo profondo delle manifestazioni per l’ambiente che da cinque mesi a questa parte si susseguono in centinaia di Paesi nel mondo. Viceversa, tenendone dovuto conto, risulta difficile giustificare perché questo tema non sia al primo posto nell’agenda politica globale. Per i giovani, in particolare, è impossibile capire che cosa si stia aspettando. Secondo gli esperti di clima, sono l’ultima generazione che ha la possibilità di cambiare le cose: si sentono quindi investiti della responsabilità di agire.
Prima ancora che uscisse il report IPCC, una ragazza svedese di 16 anni, Greta Thunberg, ha iniziato a protestare ogni settimana davanti al Parlamento di Stoccolma. Per farlo, salta la giornata di scuola. L’istruzione, a suo avviso, serve infatti per costruire il futuro: se l’umanità è destinata a soccombere presto, a che serve studiare? È molto più importante fare qualcosa per scuotere dall’apatia le istituzioni, cercare di far capire all’opinione pubblica l’urgenza della tematica ambientale.
Il 20 agosto 2018 è il primo giorno della protesta di Greta. La sua intenzione è di continuare fino al giorno delle elezioni in Svezia, il 9 settembre. Ma il suo gesto innesca una reazione a catena che porta in piazza prima centinaia e poi migliaia di giovani, in un numero crescente di Paesi. In poco più di un mese, dal Nord Europa la protesta arriva dall’altra parte del mondo, in Australia.
Gli scioperi di Greta Thunberg diventano un caso mediatico e la sedicenne svedese viene invitata a partecipare a conferenze che parlano di futuro e nelle sedi istituzionali: tiene discorsi alla Conferenza Onu sul clima, al World Economic Forum e alla sede della Commissione Europea. Dall’esempio della studentessa svedese nascono gli scioperi del venerdì battezzati “Fridays For Future”.
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In Italia nascono più di cento gruppi in decine e decine di città. A Torino si forma una delle realtà più organizzate, che a partire da dicembre si ritrova ogni settimana in piazza Castello. Lo Sciopero Mondiale per il Futuro di venerdì 15 marzo rappresenta l’evento che ha portato l’attenzione generale sul tema del mutamento climatico: più di un milione di persone sono scese in piazza in oltre duemila città, in 125 Paesi.
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