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Fredo Olivero, una vita al servizio degli ultimi: “I migranti sono una risorsa per il nostro Paese”

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Chiaffredo Olivero è un prete italiano, nato e cresciuto in Provincia di Cuneo, e arrivato a Torino alcuni anni fa. Oggi in pensione, don Fredo, come si fa chiamare, è il Direttore regionale in Piemonte, e diocesano a Torino, della pastorale per migranti.

La sua esperienza di accoglienza nasce dalle attività di collaborazione con i migranti arrivati dal sud Italia e con quelli espulsi dalla Tunisia, alla fine degli anni Sessanta. Fredo si è poi occupato di migranti in senso più ampio, viaggiando tra la Puglia, il Belgio, e la Francia, dove i migranti sono oggi diretti per lavorare: “Già alla fine degli anni Settanta avevamo capito che i migranti sarebbero stati la nuova classe operaia, dequalificata” spiega. Nel ’92, l’allora sindaco di Torino Diego Novelli, gli chiese di aiutarlo a costituire l’ufficio stranieri, in seguito a una vertenza da lui scritta per alcuni migranti che vivevano con le famiglie in condizioni degradanti. Da lì, fino all’84, l’ufficio fu gestito da lui: “Poi la Chiesa mi ha obbligato a rientrare ai miei doveri, in quest’ufficio che oggi si trova qui, in via Cottolengo 22”.

Cosa rappresenta questo posto? Un luogo dove dare un futuro ai migranti che approdano nel nostro paese: qui si realizzano prevalentemente corsi di italiano per stranieri. Sei classi al mattino, sei al pomeriggio. Il centro è sempre pieno e conta 15 persone per corso, con quattro livelli di conoscenza della lingua, più alcuni corsi speciali per ragazzi considerati analfabeti totali: “Sono quelli che non sanno nemmeno tenere in mano una penna” spiega Fredo “Per loro ci sono corsi speciali. Negli ultimi anni abbiamo lavorato ancora di più con i rifugiati, soprattutto con quelli al di fuori dello Sprar, al di fuori di ogni sistema”. Queste persone sono, secondo il prete ormai in pensione, quelle che più necessitano di aiuto.

“Qui, in questi anni, sono passati circa 60mila stranieri – aggiunge – almeno da quando ci sono io e da quando li contiamo, di cui 10mila solo negli ultimi tre o quattro anni” sostiene. Una cifra impressionante, se si pensa al grande lavoro fatto con ognuno di loro.

Don Fredo ha anche un’opinione chiara sulla posizione dell’Italia in materia di migranti: poche leggi, troppo retrograde. “Il primo errore dell’Italia è non capire che i migranti sono una questione strutturale, continuiamo a fare leggi per mandarli via senza capirlo – dice scaldandosi – I Cie costano come un albergo a 4 stelle ma fanno star male le persone” aggiunge. “Oltre a non avere leggi intelligenti sull’immigrazione, che la vedano come risorsa, per far ripartire il lavoro e ringiovanire il nostro Paese, non lavoriamo in modo adeguato nemmeno all’estero”. Sugli accordi con la Libia, infatti, il prete non perdona: “Io credo che siamo un Paese che sta veramente perdendo la faccia in giro per il mondo – dice -. La gente ha buona volontà, forse anche qualcuno nel governo, ma i risultati non ci sono. Bisogna incontrare i libici, non un finto presidente che non ha nemmeno spazio sul proprio territorio e vive su una barca in mezzo al mare!”.

La convivenza, dunque, è possibile e necessaria: secondo don Fredo tanti piccoli paesi del Piemonte, come in tutta Italia, hanno infatti trovato nuova vitalità anche grazie all’arrivo di giovani migranti che si sono inseriti nel tessuto sociale e lavorativo del territorio. Anche per questo, la sua attività non accenna a fermarsi. Nello sguardo e nelle parole, la tenacia di chi ha sempre creduto di poter cambiare le cose, e forse l’ha fatto davvero.

CAMILLA CUPELLI
ROMOLO TOSIANI