“Non vogliamo che le persone vengano al nostro ristorante perché siamo sociali, ma che vengano perché da noi si mangia bene e si passa una bella serata, e possano in seguito scoprire la nostra storia”: Loris Passarella, presidente dell’associazione Meeting service, che gestisce Fonderie Ozanam e il bistrot Qui da noi, sintetizza così la vocazione della cooperativa: non fare solo assistenza, ma dare la possibilità alle persone che segue di sperimentare un ambiente di lavoro vero ed essere per loro un punto di partenza, un trampolino di lancio verso una vita autonoma.
Per questo dal 1987 forma, con corsi di cucina, pizzeria, pasticceria, giovani svantaggiati “all’inizio soprattutto minori italiani provenienti da famiglie fragili del quartiere della nostra sede, Vallette. Ora, invece, molti ragazzi disabili, anche perché non sempre gli istituti alberghieri sono in grado di seguirli o di trovare per loro tirocini. E poi minori stranieri non accompagnati e italiani neet”, spiega Passarella. L’idea è nata da un gruppo di professori delle scuole medie, in risposta all’alto tasso di abbandono scolastico nella periferia torinese: dopo un anno è stata aperta la prima sede, in via Santa Chiara, nel 2006, grazie alla collaborazione della Circoscrizione 5, quella attuale in via Foligno, in una ex fonderia.
“Presto abbiamo sviluppato un metodo, capendo che era necessario accorciare le distanze tra la scuola e il lavoro vero: già durante la formazione mostriamo ai nostri allievi che cosa significa lavorare e poi ci impegniamo molto nell’inserimento. Alcuni ragazzi rimangono con noi, ma molti trovano impiego altrove, anche grazie a una rete di legami costruita nel tempo che porta molti locali a chiamarci quando hanno bisogno di assumere”, continua Passarella, che aggiunge: “Per alcuni dei ragazzi poter lavorare in autonomia è qualcosa di enorme, significa poter immaginare un futuro indipendente”. È così per le quattro persone disabili impiegate al bistrot Qui da noi (in corso Francia 325), come per chi arriva alle Fonderie come minore non accompagnato: “Negli ultimi anni abbiamo gestito un bando con capofila Slow Food, seguendo trentaquattro giovanissimi stranieri, molti dei quali non parlavano ancora l’italiano: oggi 21 di loro hanno un posto di lavoro”.
Nel periodo del Covid, inoltre, le Fonderie hanno avviato un’attività per produrre conserve: grazie alla collaborazione con un’altra associazione trasformano le rimanenze dei mercati, frutta e verdura non più vendibile, ma ancora commestibile, in confetture, caponata, antipasti, tutti prodotti caratterizzati da un ingrediente speciale, il miele prodotto dalle api allevate sul tetto della sede, dove le arnie coesistono con un orto urbano.