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Fondato sul lavoro: ma di chi e a quale prezzo? Una mostra indaga sul tema. La fotogallery

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“La nostra intenzione è di essere attivi, e non retorici. Io mi ritengo un manipolatore della materia e la mia idea è quella di recuperare il contemporaneo e restituirlo in modo proficuo alla comunità. Il momento in cui viviamo è incredibile e drammatico, e fare rumore è necessario” il curatore Alessandro Bulgini introduce così la mostra Fondato sul lavoro, esposta da oggi al 27 luglio a Flashback Habitat.

Opere di genere e provenienza molto diversi, poste in dialogo per attirare l’attenzione sul tema delle contraddizioni e sui mutamenti del tema lavorativo: un vaso tarantino di IV secolo a.C. in cui compare una serva, un tappeto indiano tessuto da prigionieri costretti ai lavori forzati, ritratti di operai, francobolli, installazioni audiovisive, i concetti dei flussi migratori lavorativi, del sex work, del rapporto di disparità di classe tra datori di lavoro e dipendenti, in particolare domestici. E ancora: la precarietà illustrata da un salvadanaio dal cui interno provengono le voci degli operai che leggono le proprie lettere di licenziamento (Domenico Antonio Mancini), le morti bianche e le malattie professionali, nella serie fotografica Zona Ilva di Cosimo Calabrese e nelle statue di cera antropomorfe, a dimensione naturale, dagli stoppini accesi, di Una sola vita di Francesco Sena, sette come gli operai morti nel rogo della Thyssen.

La mostra, nata da un’idea di Francesco Sena, a cura di Alessandro Bulgini e con testi di Ginevra Pucci, è visitabile presso Flashback Habitat, Ecosistema per le culture contemporanee, fino al 27 luglio. Lo spazio è aperto dal giovedì alla domenica.

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